Presidenti eterni

di AFRICA
kagame

La notizia non è di quelle che possono stupire, soprattutto se arriva dall’Africa: Denis Sassou Nguesso, il dinosauro di Brazzaville, si candida per le presidenziali del 2021. E, di sicuro, verrà rieletto a meno di un colpo di scena clamoroso o di qualcosa di più cruento. Alla veneranda età di 77 anni ritiene di poter guidare ancora un Paese che è sprofondato in una crisi economica dalla quale non riesce a rialzarsi. La crisi politica non esiste. Quella è abilmente governata dall’entourage del presidente. Difficilmente arriverà qualcuno che possa scalzarlo dal potere.

Nguesso guida con pugno di ferro la Repubblica del Congo dal 1979, con una piccola pausa di quattro anni. Nel 1992, infatti, le elezioni furono vinte da Pascal Lissouba. In molti parlarono di una «mancanza di controllo dell’Eliseo sull’esito elettorale». Lissouba, appena eletto, mise subito in discussione l’influenza francese nel suo Paese. E gli costò molto caro. È agli atti della storia che fu proprio l’Elf Aquitaine a finanziare una guerra civile che riportò al potere Denis Sassou Nguesso nel 1996. Jacques Chirac, allora presidente della Francia, chiese aiuto anche agli angolani per liberare la capitale economica Pointe-Noire. Nguesso, poi, nel 2015 ha modificato la Costituzione così da poter svolgere un terzo mandato e, in cuor suo, molti altri, nonostante l’età: 77 anni. E, manco a dirlo, il dinosauro di Brazzaville ha già annunciato la sua candidatura per le presidenziali del 2021. Quando si apriranno le urne avrà 78 anni.

Ma come lui sono molti i presidenti “eterni”, i dinosauri della democrazia africana. In Gabon la successione è dinastica: la famiglia Bongo. Più che di una repubblica, per il Gabon si deve parlare di una monarchia. Il padre, Omar Bongo Ondimba, ha governato il Paese per 42 anni, dal 1967 al 2009; morto, gli è succeduto il figlio. E Ali ha fatto approvare una riforma della Costituzione che gli garantisce il potere all’infinito. Fosse solo questo, significherebbe che Ali Bongo potrebbe andare a fare compagnia a una schiera di dittatori africani tra i presidenti più longevi al mondo. Ma l’articolo 8 del nuovo testo definisce il presidente «detentore supremo del potere esecutivo». Gode della piena impunità nell’esercizio delle funzioni. Presidente per sempre. Quella dei Bongo Ondimba è una dinastia che è sopravvissuta a tutti i presidenti della Quinta Repubblica francese, da De Gaulle a Macron.

Paul Kagame, presidente del Ruanda dal 1994, quando entrò in Kigali da trionfatore e liberatore, ha modificato la Costituzione così da permettergli di governare fino al 2034. Un Paese che cresce velocemente, il suo Pil sfiora la doppia cifra, la diversificazione economica è al primo posto nell’agenda del governo. Con il progetto “Visione 2020” per la lotta alla povertà, il Ruanda ha iniziato un programma di liberalizzazioni e privatizzazioni che hanno l’obiettivo di trasformare l’economia, che dipende al 90 per cento dall’agricoltura, in un sistema capace di saper cogliere nuove opportunità e portare occupazione. Rimane, tuttavia, un Paese dove, anche se abolite, le differenze etniche permangono: gli Hutu rimangono la classe più povera, i Tutsi quella più abbiente. I diritti umani non sono garantiti, la libertà di espressione, anche dei giornalisti, è un miraggio. La critica al regime è proibita e Kagame continua a usare il pugno di ferro contro gli oppositori. L’odio etnico è solo sopito, cova sotto una coltre di cenere, pronto a riesplodere. Alle ultime presidenziali, Kagame ha ottenuto un vittoria bulgara. Le elezioni si sono svolte in un clima di paura, generato da due decenni di attacchi all’opposizione politica, agli organi d’informazione indipendenti e ai difensori dei diritti umani.

L’età non fa paura a molti presidenti africani, si credono eterni. Yoweri Museveni, 76 anni, governa l’Uganda dal 1986, quando presidente degli Stati Uniti era Ronald Reagan e Gorbaciov si cimentava con la Perestroika. Il presidente del Camerun, Paul Biya, 87 anni, governa dal 1982: 38 anni di potere indiscusso. In un recente viaggio in Costa d’Avorio ho visitato la fondazione voluta dal padre della patria Félix Houphouët-Boigny, primo presidente dall’indipendenza coloniale nel 1960. Nel palazzo sono esposte fotografie e atti del presidente, morto nel 1993, e una in particolare mi ha colpito: quella con il presidente del Camerun Biya. Ecco, ouphouët-Boigny non c’è più, Biya è presente più che mai.

Non possiamo dimenticare il Togo, dove, a fasi alterne, l’opposizione e la società civile scende in piazza a Lomé, la capitale, ma anche in altre città, per cacciare e interrompere lo strapotere del presidente Faure Gnassingbé, al governo dal 2005. Faure non è altri che il rampollo del padre deceduto proprio nel 2005, al potere dal 1967 grazie a un colpo di Stato. Faure ha preso il posto del padre per successione, come se il Togo fosse un regno e non una repubblica. La revisione costituzionale, inoltre, voluta dal governo, permette a Gnassingbé, erede di una famiglia al potere in Togo da ben 50 anni, di presentarsi alle prossime presidenziali di febbraio, come ha annunciato, ma anche a quelle del 2025, collezionando venticinque anni di potere per sé, e 63 per la sua famiglia. Numeri da record. Il nepotismo vince sempre, accompagnato da elezioni truccate. E spesso, ma molto spesso, le elezioni in Africa le vince il presidente che le indice.

Ma il peggior esempio è rappresentato dalla Guinea Equatoriale. Teodoro Obiang Nguema Mbasogo è in carica dal 1979, dopo un colpo di Stato con cui rimosse lo zio Francisco Macías Nguema. La famiglia Obiang rappresenta il peggior esempio di cleptocrazia, con un presidente al potere da quarant’anni e rieletto al suo quinto mandato settennale alle elezioni del 2016.

Quattro decenni, un tempo record per qualsiasi politico, nel corso dei quali il presidente ha gestito la Guinea Equatoriale con pugno di ferro e tanti scandali. Il suo potere potrebbe però non essere alla fine. Nonostante l’età, infatti, 78 anni, sta preparando il figlio, Teodorín, 51 anni e suo attuale vicepresidente, a prendere il suo posto.

Teodoro Obiang arrivato al potere il 3 agosto 1979. Nel pieno della Guerra fredda. Sfugge a una decina di tentativi di golpe. Per far fronte alle minacce crea servizi di sicurezza fortissimi e onnipresenti. La Guinea Equatoriale è un Paese poverissimo e nemmeno la scoperta del petrolio nelle acque territoriali, negli anni Novanta, riesce a risollevarlo. Il cleptocrate vuole tutto per sé. La gran parte della popolazione rimane poverissima.

E non dimentichiamo Alpha Condé in Guinea…

(Angelo Ravasi)

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