Nilo, fascino senza tempo

di claudia

di Dante Bartoli e Luca Grassi

Il Nilo non è solo il corso d’acqua più lungo al mondo – con le sue sorgenti nel cuore dell’Africa, attraversa undici Paesi per sfociare nel Mediterraneo – ma rappresenta anche un mito intriso di storia e di fascino millenario.

Siamo a fine Ottocento, il periodo pionieristico e più avventuroso dei viaggi sul Nilo. A dire il vero, il primissimo visitatore europeo di spicco a mettere piede, in epoca moderna, sul suolo egiziano era stato un giovane generale francese che, nel 1798, aveva raggiunto a bordo della cannoniera L’Orient Alessandria d’Egitto dopo aver sofferto il mal di mare per tutta la traversata. Pare che, come rimedio improvvisato per attenuare il rollio della nave, avesse fatto mettere rotelle alle gambe del suo letto in cabina, ma evidentemente con scarsi risultati. Aveva solo 28 anni e il suo nome era Napoleone Bonaparte. All’epoca aveva già fatto furore sui campi di battaglia di mezza Europa, conquistato l’Italia e strappato ai papi Roma, ma i suoi sogni di grandeur lo portavano lontano, molto lontano. Ed è così che, novello Alessandro Magno sulla via dell’India (britannica), assemblò un’armada di 335 navi e 40.000 soldati e conquistò – seppur per soli tre anni – l’Egitto. Un tempo brevissimo ma sufficiente perché i 150 studiosi che lo accompagnavano potessero pubblicare nella Description de l’Égypte (1809) tutte le scoperte fatte durante la spedizione, sollevando il velo del mistero che da millenni ammantava l’antica civiltà dei faraoni.

L’egittologia dilaga immediatamente e diventa un vero e proprio fenomeno di costume: nei salotti buoni dell’Europa della belle époque non ci sarà niente di meglio, per suscitare scalpore, che tornare dalla terra dei faraoni «una mummia in una mano e un coccodrillo nell’altra». E il mezzo migliore per avventurarsi sul Nilo era indubbiamente la dahabeya, letteralmente “la dorata”, una sontuosa imbarcazione originalmente riservata al sultano mammelucco, ma che col tempo si trasforma nel mezzo preferito dall’élite europea per navigare sulle acque del Grande Fiume. Caratterizzata da un fondo piatto per oltrepassare i banchi di sabbia (la diga del Lago Nasser che ha dato un regime più costante alle acque all’epoca non esisteva), da due ampie vele capaci di catturare la più leggera brezza, da un’ampia cabina a poppa e da un ponte superiore che serviva da salotto multiuso all’aperto, la dahabeya trasportò dal Cairo ad Assuan il meglio dell’alta società dell’epoca.

Certo, la comodità a bordo era relativa: la buona prassi prevedeva di affondare l’imbarcazione appena affittata per liberarla da eventuali topi; per avere latte fresco ogni mattina era possibile richiedere una mucca a bordo e, last but not least, era segno di grande cortesia salutarsi da una dahabeya all’altra a colpi di carabina, pratica che verrà interrotta quando ci si accorse che, aumentando il numero delle imbarcazioni, le continue raffiche di spari iniziavano a rovinare lo charme e il romanticismo della placida navigazione fluviale.

Crociera di charme

Ritornando (spari a parte) allo spirito delle origini, per vivere la navigazione sul Nilo in modo autentico e in piena sintonia con il territorio attraversato, il tour operator Kel 12 ha voluto ricreare due autentiche dahabeye, Eyaru e Nebyt, completamente realizzate in Egitto ricorrendo al meglio delle maestranze e dei prodotti locali. Dal legno di sicomoro degli arredi interni alle ceramiche artistiche prodotte da artigiani locali, dal vetro soffiato prodotto al Cairo alle decorazioni in ferro battuto che riprendono antiche simbologie faraoniche, Eyaru e Nebyt (“fiore di giunco” e “collana di perle”in antico egizio)sono state costruite per ridefinire gli standard di crociera sul Nilo, riproponendo in chiave moderna l’esperienza di totale immersione paesaggio nilotico che tanto affascinava i viaggiatori del passato e che si era andata perdendo con le grandi navi da crociera.

Due vele e niente motori per scivolare sul fiume in tranquillità e immersi nel silenzio, un unico ponte in legno trasformato in salotto, arredato con mobili in legno massello, divani e poltrone che fanno subito sentire l’ospite a proprio agio. Ma soprattutto l’apertura sul paesaggio circostante per consentire la totale immersione nella lussureggiante vegetazione che fa da sfondo alla navigazione, e con la protezione di ampie vetrate mobili per garantire, quando necessario, un ambiente climatizzato. Si vedranno passare palmeti, piccoli villaggi fermi nel tempo, bambini che giocano nell’acqua, animali all’abbeverata, il verde delle oasi interrotto dalla sabbia del deserto e, ovviamente, compariranno come per incanto gli indimenticabili siti della civiltà faraonica. Non solo: grazie alla loro maneggevolezza, le due imbarcazioni hanno il vantaggio di fermarsi dove le grandi navi non possono attraccare o, volendo, di navigare in orari sfalsati rispetto ai tour standardizzati.

È così che si potranno ammirare i siti più famosi nelle ore meno affollate, o sbarcare in siti minori solitamente esclusi dalle crociere turistiche. Senza nulla togliere al comfort: perché i 50 metri di entrambe le imbarcazioni, le sette eleganti cabine della Nebyt (di cui una suite) e le otto di Eyaru (qui le suite sono due) garantiscono un’esperienza intima e raffinata, dove il buon gusto dell’arredamento si abbina ad un servizio altamente personalizzato. Come lo chef di bordo, abile nel proporre ogni giorno piatti tradizionali egiziani rivisitati per venire incontro all’esigente palato dei viaggiatori italiani, realizzati con materie prime freschissime, genuine e “a chilometro zero” perché prodotte quotidianamente nei piccoli villaggi locali. Il tutto nel pieno rispetto della natura: la plastica è completamente bandita a bordo, sostituita da materiali tradizionali ed ecocompatibili. Sarà così possibile scoprire cinquemila anni di civiltà, vivere i misteri dei templi e delle tombe dell’Antico Egitto come ai tempi dei faraoni.

Museo a cielo aperto

La tratta Luxor-Assuan (o viceversa) porta a siti imperdibili come Karnak, l’antica Tebe che già Omero definiva “dalle cento porte” per la sua imponenza, e dove è conservato il “Vaticano” dell’Antico Egitto, una foresta di colonne di pietra con il colossale tempio di Amon-Ra ancora in elevato circondato da templi minori, torrioni, sfingi a testa d’ariete e obelischi che si innalzano orgogliosi a intercettare i raggi del dio Sole. Un viale lungo tre chilometri contornato da sfingi era la via processionale che tuttora collega il tempio principale a Luxor dove oggi si ammirano, fra l’altro, i resti delle sei colossali statue di Ramses II e i bassorilievi che lo immortalano sul suo carro da combattimento mentre sconfigge gli Ittiti e difende i confini dell’impero: l’Egitto era limitrofo ai territori dell’attuale Turchia.

Ed ecco, dall’altra parte del Nilo, la sponda occidentale riservata ai defunti, con la stupefacente Valle dei Re dove era sepolto Tutankhamon tra altre sessanta sepolture di faraoni, veri e propri palazzi sotterranei ricchi di vivaci dipinti, e la Valle delle Regine, con altre tombe preziose e il tempio funerario di Hatshepsut, la donna-faraone più famosa della storia prima che nascesse Cleopatra. Qui è anche custodita la tomba più splendida d’Egitto: quella di Nefertari, sposa di Ramses II, scoperta da Ernesto Schiaparelli nel 1904. Il suo nome appariva sulle iscrizioni incise e dipinte degli stipiti della porta: «La nobile di schiatta, la grande dei favori, signora di bontà, di dolcezza e di amore, la sovrana del Sud e del Nord, la defunta consorte legittima, signora [delle due terre] Nefertari Mirinmut, giusta voce presso il Dio Grande».

Da subito, alzando lo sguardo sulle pareti, si rimane meravigliati dalle splendide pitture a colori vivaci dove la regina viene raffigurata insieme a varie divinità. Il soffitto di colore azzurro è cosparso di stelle: rappresenta la volta celeste. Alla sinistra dell’ingresso le scene, ispirate al Libro dei Morti, rappresentano la regina che gioca a senet, gioco da tavolo antenato della dama. Nefertari indossa vesti leggere, semitrasparenti, che scendono sinuose ed eleganti lungo il corpo. Doveva senza dubbio dettare la moda del tempo, ma resta immortale fino a noi: siamo di fronte all’apice dell’arte dell’Antico Egitto. Arte prodotta dagli artigiani e dagli operai del vicino villaggio di Deir el-Medina, uno dei pochi giunti intatti fino ai nostri giorni e che permette di conoscere e capire alcuni aspetti della vita quotidiana degli abitanti della valle del Nilo, dove vivevano e come erano le loro dimore per l’eternità: tombe private, di più modeste dimensioni, e che tuttavia costituiscono meravigliose opere d’arte.

Foto di Neil Farrin / Robert Harding RF / robertharding via AFP

Tesori archeologici

Da Luxor ci vogliono quattro giorni di navigazione per arrivare ad Assuan: un percorso rilassante dove il viaggio diventa una scoperta anche per la visita di templi di località minori e bloccate nel tempo come Esna, un tempo importante centro per la produzione del cotone, completamente decaduto, dove si trova il tempio di Khnum, il dio vasaio, con i colori delle sue pitture che stanno riemergendo vivissimi e intatti grazie a una serie di accurati restauri. Nessuno si ferma a vederli, se non a bordo di una maneggevole dahabeya. Quindi Edfu con il tempio di Horus, completamente sepolto dalla sabbia che lo ha conservato miracolosamente intatto, con ancora le finestre e i soffitti originali; Kom Ombo, sacra al dio-coccodrillo Sobek di cui qui sono state rinvenute numerose mummie; infine, raggiunta Assuan, lo splendido tempio dell’isola sommersa di Philae, dedicato a Iside, dea dell’amore e della maternità.

Per aggiungere ulteriore sorpresa al viaggio, a parte la visita ad Abu Simbel dove, sulle sponde del Lago Nasser, i templi eretti da Ramses II al confine con la Nubia parlano ancora del suo amore per la bellissima moglie Nefertari, si potrà ormeggiare a breve distanza dai solitamente trascurati templi di Dendera, dedicato alla dea-madre Hathor, e di Abydos,dove, stando alla mitologia egizia, era stata sepolta la testa di Osiride, il re dell’oltretomba che fu ucciso dal fratello Seth e il cui corpo fu smembrato e disperso per tutto l’Egitto. Si trattava probabilmente del sito più sacro e misterioso dell’intero Egitto, dove canali sotterranei si riempivano d’acqua in occasione delle piene del Nilo fino a circondare il sarcofago del dio, che sembrava così galleggiare: chiaro riferimento di rinnovamento della natura, rinascita e fertilità.

Per i più appassionati è possibile richiedere uno o più giorni di estensione al Cairo, città complessa e affascinante, luogo di contrasti dove si mescolano le memorie di epoca faraonica, copta e islamica, e dove si potrà ammirare il ricchissimo Museo Egizio di Piazza El Tahrir con le sue collezioni di inizio Novecento o il modernissimo GEM, antitesi del predecessore e sorprendente per la sua modernità. Il tutto, in soli otto giorni di viaggio. Chi dovesse pensare che l’Egitto ne meriti di più ha ragione, ed è un buon motivo per tornarvi.

Gli autori dell’articolo – Dante Bartoli (archeologo) e Luca Grassi (egittologo e archeologo) – accompagnano tutto l’anno le esclusive crociere sul Nilo organizzate dal tour operator Kel 12. Da Assuan a Luxor, otto giorni di navigazione da sogno. Informazioni: www.kel12.com

Questo articolo è stato pubblicato sul numero 6/2024 della rivista Africa. Clicca qui per acquistare una copia.

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