Mohamed, accusato ingiustamente di essere scafista

di claudia

La vicenda assurda di un immigrato egiziano punito dalla nostra giustizia per avere aiutato gente in difficoltà, denunciata dal professore Paolo Branca, islamista, docente di Lingua e Letteratura Araba all’Università Cattolica di Milano. Ecco il suo racconto sfogo pubblicato su Facebook.

“Il detenuto egiziano Mohamed Gabbara, che conosco da ben prima della sua condanna, è sicuramente un rompiscatole che fa scioperi della fame e minaccia il suicidio, ma sapendo la sua storia anche se non lo giustifico almeno credo di capirlo. Figlio di madre siriana, dopo aver lavorato regolarmente molti anni come elettricista, è rimasto disoccupato né son serviti a nulla i molti tentativi di trovargli un’altra occupazione. Trovando per le strade i profughi siriani, spesso donne e bambini, ha fatto ciò che ho fatto anch’io: aiutarli ad acquistare biglietti ferroviari per altri Paesi europei. Ho testimoniato al suo processo facendo presente che in fondo ha fatto quel che noi stessi desideravamo: come sai la polizia non li identificava proprio nella speranza che proseguissero la fuga altrimenti ce li saremmo dovuti tenere noi. E’ stato comunque tacciato di ‘scafista’ e condannato a 11 anni, poi ridotti a 7 in appello. Prima era a s. Vittore, poi è stato a Vigevano dove comunque ha preso brillantemente un diploma così come ha sempre cercato di lavorare per mandare soldi alla moglie e alla famiglia. Suppongo che non gli sia lecito mandare direttamente le somme in Egitto, visto che invia sempre a me un vaglia di cui poi io spedisco l’ammontare a loro tramite Western Union, ma ritengo che non possa mancare un sistema meno macchinoso e incerto visti tutti gli stranieri detenuti, eppure nessuno ha mai risposto ai miei quesiti in proposito. Mi ha chiamato più volte per sapere se avessi ricevuto i mille euro che avrebbe inviato il 26.5, io però non ho mai ricevuto nulla e non mi meraviglia visto che mia moglie ha appena avuto una lettera speditale a dicembre. Ah, il virus!Il fatto è che non ha alcuna ricevuta e io dovevo sapere il numero del vaglia e della relativa raccomandata per chiederne notizie. Anche il suo avvocato è al corrente da tempo della cosa, promette di informarsi ma poi manda dati incompleti o errati. Non so se sia un modo di far pagare al detenuto le sue bizzarrie, ma francamente non vedo che senso possa avere rivalersi con i suoi familiari. Intanto è passato il tempo utile e lui si vedrà restituiti i soldi inutilmente guadagnati di cui la famiglia ha tanto bisogno. Sono reduce da un cambio di residenza (il detenuto ha da tempo il nuovo indirizzo) e dalla morte di mia suocera, puoi immaginare che Odissea sia stato e continui ad essere anche per un normale e incensurato cittadino sbrigare ogni piccola pratica ora che la Pandemia ha dato a troppi l’alibi perfetto. E’ mia ferma intenzione denunciare per omissione di atti d’ufficio il carcere e fare rumore sulla stampa, mi sento offeso e beffato.

(Prof. Paolo Branca, Università Cattolica di Milano)

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