Kenya, difendere e rivoluzionare le biblioteche di Nairobi

di claudia
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Nairobi conta più di quattro milioni di abitanti e pochissime biblioteche pubbliche, importanti spazi di narrazione che necessitano di uno spazio. Per questo opera da alcuni anni l’associazione no profit “Book Bunk”, in prima linea per il recupero e il restauro delle biblioteche della capitale del Kenya, con l’obbiettivo di trasformarle in luoghi inclusivi e depositari delle memoria e dell’identità del Paese.

La storia di un Paese si costruisce anche con la difesa del proprio patrimonio storico e di un luogo destinato alla sua conservazione. Le biblioteche pubbliche nella capitale sono ancora troppo poche e dovrebbero diventare un luogo simbolo di inclusione, contro un passato escludente. Per incrementare il numero, ma soprattutto per rivoluzionare il concetto e la struttura con cui erano state concepite quasi un secolo fa – si pensi che la prima biblioteca del Paese che risale al 1931 era un luogo destinato solo ai bianchi – opera dal 2017 l’associazione Book Bunk. Un recente editoriale del New York Times fa luce sul suo impegno in questi anni a difesa della cultura e dell’identità del popolo keniano e dell’accessibilità della biblioteca come luogo aperto a tutti, contro ogni razzismo o divisioni economiche e religiose.

In collaborazione con il comune, l’associazione si è impegnata nel restauro di due biblioteche piccole, per venire incontro alla comunità locale, come la McMillan Memorial Library. Poi ha riaperto delle filiali chiuse da tempo, come la biblioteca di Makadara, la quale oggi ospita anche eventi culturali, come proiezioni di film, spettacoli e festival letterari.

Tra gli obiettivi più importanti c’è l’arricchimento della collezione libraria con libri scritti in lingue locali, con l’introduzione di servizi di lettura appositi per persone con disabilità.

Le biblioteche come luoghi equalizzatori: così le ha definite al New York Times Joyce Nyairo, accademica e analista culturale keniota. Un luogo accessibile a tutti senza differenze, depositario della memoria collettiva del Paese e “un riferimento in particolare per le persone provenienti da ambienti svantaggiati, dove chiunque può incontrarsi e condividere la propria visione del mondo”.

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