In morte di Anita

di Stefania Ragusa

Blessing Benedicta Daniel detta Anita è stata uccisa.
Nigeriana, bella, è stata ritrovata seminuda, con il cranio sfondato, in un fosso alle porte di Modena.

I media hanno riportato che si prostituiva, e che l’assassino, italiano 40nne, reo confesso, forse non era soddisfatto della prestazione della donna.

Anita, così era conosciuta nella comunità nigeriana di Modena, lavorava per mantenere una famiglia di 16 persone in Nigeria. Così racconta Osariemen Aghonlahor, uno dei portavoce della comunità nigeriana di Modena, durante la fiaccolata in ricordo di Anita, che si è tenuta lo scorso 26 aprile. Sedici persone, donne e bambini, che ora non hanno più un reddito su cui contare. «Noi nigeriani non siamo venuti qui solo per delinquere, ma per migliorare la nostra vita e aiutare quelli che lasciamo nel nostro Paese».

Meggy in Piazza Grande

E la comunità nigeriana si raduna per ricordare Anita, ma anche per protestare contro la violenza alla donna e la violenza ai migranti,  colpevolizzati da politici che su questo costruiscono le proprie fortune.

È emblematica Meggy, che in Piazza Grande, col suo smartphone, chiama a raccolta i suoi «fratelli nigeriani» per prender parte a questa protesta pacifica, per ricordare una persona, perché la vita di una persona vale, di qualsiasi colore essa sia.

«Stiamo marciando in silenzio per dire basta – così Elena, in Italia da 5 anni –. Basta, non ce la facciamo più. Ogni giorno apriamo un giornale per vedere che c’è stata una violenza su una donna. E noi donne dobbiamo imparare a dire basta, non bastano più le denunce, perché di noi (donne migranti) ai politici non gli importa nulla.

Elena

Noi donne di qualsiasi origine, siamo deboli, non abbiamo voce. In più noi donne migranti non siamo rappresentate politicamente. Vale più la frutta della nostra vita!».

«Anita era una bravissima ragazza, rispettosa e tranquillissima», inizia Eunice, ma scoppia in lacrime e il suo pianto racconta di più di tante parole.

Una comunità che piange un suo membro, ma anche una città che si stringe attorno alla comunità ferita. La città, rappresentata dal sindaco Giancarlo Muzzarelli e l’assessore Irene Guadagnini, le associazioni delle donne, Unione Donne in Italia, Centro Documentazione Donna, Casa delle donne contro la violenza, Donne nel mondo, Differenza Maternità, Donne e giustizia, e cittadine e cittadini che hanno voluto stringersi intorno a questa donna uccisa e a questa comunità ferita.

Eunice

Ci dice appunto Vittorina Maestroni, direttrice del Centro Documentazione Donna: «Abbiamo aspettato un paio di settimane per fare questa fiaccolata, per riuscire a coinvolgere maggiormente le persone che conoscevano Anita, e che potessero dare una rappresentazione della sua vita reale. Per le associazioni queste manifestazioni sono un atto politico, è il nostro esprimere il no alla violenza e affermare la libertà delle donne. E farlo con un ruolo attivo della comunità di origine per noi assume un valore fondamentale, per una sensibilizzazione sempre maggiore».

Cécile Kyenge

«Abbiamo il dovere di rispettare ogni essere umano», così Cécile Kyenge, europarlamentare, e già ministro per l’Integrazione nel governo Letta. «Non si deve gettare fango sulle persone solo per la loro origine, la dignità della persona viene prima. Bisogna proteggere le persone vulnerabili, ma in questo momento sembra che abbiamo perso un po’ la bussola, mettendo in pratica politiche discriminatorie».

«I femminicidi non hanno ambiente, non hanno colore, né ceto, e uniscono», così Irene Guadagnini, assessore alle pari opportunità del Comune di Modena. «Unisce il fatto che si sia una città intera in questa fiaccolata in memoria di una donna che è stata sfruttata durante la sua vita. È il secondo femminicidio in città nel giro di poche settimane, di donne di origini diverse, per mano di uomini anch’essi di diverse origini. La violenza alla donna non conosce confini».

E l’assenza di confini è stata rappresentata nell’ultimo atto della fiaccolata, nel cerchio di tutti i partecipanti intorno alla comunità nigeriana che intonava canti e preghiere per la sorella Anita.

Dante Farricella

Guarda tutte le immagini della fiaccolata sulla pagina Facebook “A different eye”

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