“Continua a brillare, amico mio”

di Marco Trovato

Angelo Ferrari, giornalista e saggista, editorialista della Rivista Africa, ci ha lasciati: si è spento lunedì 2 ottobre dopo una lunga malattia all’età di 63 anni. Ecco il ricordo dell’amico e collega Francesco Cavalli, membro del collettivo Hic Sunt Leones, di cui faceva parte lo stesso Angelo.

di Francesco Cavalli

Carissimo Angelo, “Non so come andrà a finire” titolavi il tuo ultimo libro (che suggerisco a tutti di leggere), ed eccoci qui, a portarti questo saluto oggi, ma nonostante questo, ancora non sappiamo come andrà a finire perché tutto quello che sei stato, che hai fatto, il bene che hai sparso continuerà la tua storia che non finisce oggi. Ancora tanto ci sarà da scrivere.

Amo guardare i cieli stellati, specialmente quelli africani, anche tu lo facevi ogni volta che ne avevi l’occasione. Una cosa che da sempre mi affascina è il pensiero che molte delle stelle che vediamo brillare in realtà sono morte, magari da molti millenni, ma continuano a brillare per lunghissimo tempo.

Io credo da sempre che ciascuno di noi è la persona che è, diventa la persona che è dagli incontri che fa, dalle relazioni che sceglie di coltivare, dagli affetti e dal bene che dona e riceve.

Mariam, Jordy, Kate, Alina, Nice sono parte di te e tu parte di loro e delle tante altre persone alle quali hai scelto di voler bene.

Non voglio oggi qui tanto elencare la tua biografia professionale, la tua lunga e straordinaria carriera, leggetela nei suoi libri, sulla rivista Africa con la quale hai collaborato fino all’ultimo giorno. Certamente sei stato uno degli africanisti più seri e veri d’Italia.


Ma quello che vorrei ricordare di te oggi è il tuo modo di essere giornalista africanista, non solo con la suola delle scarpe, come diceva Ettore Mo, ma con l’attenzione alla storia delle singole persone. Tu hai insegnato che per conoscere e raccontare l’Africa, anzi le Afriche come ci ricordava sempre Raffa, non basta solo studiarne la politica, la storia e la geografia, cosa che tu facevi sempre con una meticolosità quasi ossessiva, ma per conoscere e raccontare veramente le Afriche occorre entrare dentro la vita delle persone, tra le baracche e le strade rosse, occorre capire da lì e solo mettendo insieme la conoscenza dello studio e l’esperienza dell’incontro puoi cercare di capire e provare a raccontare senza cadere nei soliti luoghi comuni dei quali siamo purtroppo pieni.

La tua Africa è fatta di nomi, dei quali sono pieni i tuoi libri, di volti, dei quali hai riempito le macchine fotografiche, di storie e di tanta passione.

Più di 30 anni di storie raccontate a partire da quel tuo primo viaggio a Bouar, nel cuore della Repubblica Centrafricana, dove la tua amica suor Beatrice ti ha insegnato per prima a metterti in ascolto degli ultimi della terra. Era il 1990 e da lì è partito un viaggio che ti avrebbe rapito per sempre. Dalla guerra senza fine della Repubblica Democratica del Congo al disastro ruandese, dalla Somalia all’Angola passando decine di volte dal Kenya, poi l’esperienza da corrispondente a Brazzaville, ma l’elenco sarebbe lunghissimo. L’ultimo approdo vero del cuore è stata la Costa D’Avorio che era diventata la tua seconda casa, con nuovi amici, con figlie adottate e lì hai deciso di sposare la tua Gabriela dopo il matrimonio di Milano, con rito tradizionale ivoriano.

Ancora una volta, l’Africa era dentro di te così profondamente che per condividerla con la Gabri fino in fondo, l’hai condotta nel tuo cuore portandola in Africa ogni volta che hai potuto.

Potrei andare avanti senza sosta a raccontare di te e delle tue Afriche, ma avremo modo di continuare a farlo.

Prima di salutarti però in questo giorno c’è una cosa che vorrei ancora ricordare di te ed è la conseguenza della malattia che ti ha colpito ormai più di 10 anni fa. In tutto il dramma di questi 10 anni, ma anche in tutta la forza che ci hai messo, la malattia ti ha insegnato ancora di più a prenderti cura, ad aver cura delle persone, delle amicizie. Hai rafforzato quella tua indole al bene delle persone, trasformandola in una vera disciplina quella della cura. Trasformare gli affetti in legami come diceva la Volpe al Piccolo Principe. Per aver cura occorre prendersi il tempo per stare insieme, per parlare, raccontarsi. Per telefonare con costanza e continuità per addomesticare la vera amicizia. Ci è sempre stato caro il concetto I care di don Lorenzo Milani e tu quel prendersi cura facendosi carico delle persone lo hai incarnato fino in fondo.

Ora Angelo caro prenditi cura da dove sei e passa il tempo necessario con Raffa, con tuo fratello Rossano, papà Gianni e mamma Ivana, il tuo Jordy e tutte le amiche e gli amici che già hai e quelli che incontrerai di nuovi, perché tu sei così.

Continua a brillare amico mio, per tanti di noi sei e sarai sempre un caro amico, un fratello, un compagno di viaggi e avventure, anche tramite la lettura dei tuoi libri. Sei un punto di riferimento, il nostro presidente che davvero si mette al servizio del gruppo, un punto cardine, una stella che anche se oggi si spegne continuerà ad illuminarci e brillare per lunghissimo tempo.

Ti voglio bene.

Ciao Angelo.

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