Sono iniziati ieri, 21 settembre, con la tappa a cronometro a Kigali, capitale del Ruanda, i Campionati del mondo di ciclismo su strada Uci 2025, che si concluderanno sempre a Kigali il 28 settembre.
È la prima volta che il continente africano ospita questa importante manifestazione sportiva: questi Campionati del mondo, emblematici per il Ruanda che vede in questo sport una leva di sviluppo, proporranno tredici gare e 39 medaglie da assegnare. La competizione si preannuncia intensa, con numerose nazioni in lizza per aggiudicarsi le maglie arcobaleno nel cuore del “Paese delle mille colline”, dove i prossimi giorni promettono uno spettacolo di alto livello, arricchito da una forte dimensione culturale specifica di Kigali. Oltre al prestigio sportivo, questo evento storico mette in luce l’ascesa del ciclismo africano, uno sport sempre più praticato in Ruanda, per cui questo Mondiale rappresenta una vetrina importante: le gare su strada, spesso altamente tattiche, spazieranno dai 18,3 km delle donne juniores ai 267,5 km degli uomini élite.
I percorsi scelti per questo Mondiale includono la costa di Nyanza (situata a circa 87 km a sud-ovest di Kigali, nella provincia meridionale del Ruanda) e gli splendidi pendii acciottolati di Kimihurura (un passo di 1,2 km a Kigali, con una pendenza media del 5,9% e un dislivello di 74 metri): il programma dettagliato prevede anche gare per le categorie Under 23 e Junior, con cronometro e gare in linea che metteranno alla prova scalatori e velocisti. La staffetta mista a squadre concluderà la serie a cronometro il 24 settembre.
Si prevede che stelle mondiali come il belga Remco Evenepoel (primo ieri nella cronometro, con un distacco considerevole allo sloveno Pogacar), la britannica Anna Henderson e il francese Paul Seixas si sfideranno sui percorsi collinari e tecnici di Kigali. È stato curioso, per chi ha più di 30 anni, vedere ieri i tifosi ruandesi sventolare le bandiere del Belgio al traguardo, incitando Evenepoel: una nota di colore che racconta anche qualcosa di più, viste le storiche crisi tra Bruxelles e Kigali per il passato coloniale e il ruolo belga nel genocidio del 1994.

Un motore di sviluppo
Il governo ruandese punta molto sull’evento ciclistico internazionale, sperando di andare ben oltre il successo dell’ormai mitico Tour du Rwanda, che negli ultimi anni ha attirato un crescente interesse di sponsor e pubblico: dal 2020 al 2023, il budget della corsa è quasi raddoppiato, passando da 740 milioni a 1,4 miliardi di franchi ruandesi. L’edizione 2024, da sola, ha mobilitato 1,2 miliardi, di cui il 60% coperto da sponsor e il restante dal governo: secondo il sito Africa Finance Today, nomi di rilievo come Bralirwa, Skol, Mtn Rwanda, Techno Mobile, TotalEnergies e poi compagnie aeree, marchi alimentari e persino bookmaker, stanno investendo milioni per assicurarsi visibilità tra il milione di spettatori televisivi e le folle che seguono la corsa lungo le strade. L’indotto è tangibile. Il Tour ha generato, secondo Zephanie Niyonkuru, segretario permanente del ministero dello Sport, circa 600 posti di lavoro diretti e coinvolto oltre un migliaio di persone. Le ricadute sull’economia locale, tra ospitalità, trasporti e commercio, sono stimate in 1,4 miliardi di franchi.

Le accuse di sportwashing
A fronte di questo slancio sportivo, che non è solo nel ciclismo ma anche nel basket, nella Formula 1 e in altre discipline sportive, si levano tuttavia accuse di sportswashing, ovvero l’uso dello sport per migliorare l’immagine internazionale di un governo ritenuto responsabile di violazioni dei diritti umani.
Il governo di Kigali, ormai da anni, sta lavorando per far dimenticare al mondo l’ombra del genocidio del 1994 proiettando l’immagine di una nazione dinamica, sicura e moderna. Ma l’impegno, secondo i critici, interessa anche le attuali politiche: Kagame, che ha ottenuto il 99,2% dei voti alle elezioni presidenziali di luglio 2024, è accusato di aver utilizzato metodi sempre più repressivi per consolidare il suo trentennale controllo del potere. Le voci dissonanti all’interno del Fronte patriottico ruandese, il suo partito, hanno subito intimidazioni e arresti e in alcuni casi la morte. E poi c’è il grande tema del ruolo del Ruanda nel conflitto nell’est della Repubblica democratica del Congo (Rdc): le Nazioni Unite hanno accusato il governo Kagame – che ha sempre smentito – di aver fomentato, finanziato e armato una rivolta nella Repubblica Democratica del Congo e sono diverse le prove che sostengono questa tesi.



