di Valentina Giulia Milani
Alla Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, che si celebra oggi 25 novembre, il Sudafrica arriva con un riconoscimento formale che segna una svolta: la violenza di genere è stata dichiarata disastro nazionale. È una classificazione che permette allo Stato di attivare misure straordinarie analoghe a quelle utilizzate per calamità naturali o crisi di vasta scala. Nel linguaggio istituzionale sudafricano, dichiarare un disastro nazionale significa mobilitare fondi aggiuntivi, accelerare gli interventi, coordinare le istituzioni con procedure d’urgenza e riconoscere che la violenza contro le donne rappresenta una minaccia strutturale alla sicurezza pubblica e alla tenuta dello Stato.
La mobilitazione del 21 novembre – organizzata dall’Ong sudafricana Women For Change e denominata “G20 Women’s Shutdown” – è avvenuta proprio per chiedere al governo questo riconoscimento. L’iniziativa, come riportato da giornali locali come il Daily Maverick e il Mail & Guardian, ha invitato le donne e le persone Lgbtq+ a fermarsi per un giorno: nessun lavoro, nessun acquisto, abiti neri come segno di lutto e protesta. A mezzogiorno, in almeno quindici città – tra cui Johannesburg, Città del Capo, Durban e Pretoria – centinaia di donne si sono sdraiate a terra in silenzio per quindici minuti, un gesto simbolico per ricordare le vittime dei femminicidi e delle violenze di genere. Le cronache dei due quotidiani hanno descritto una mobilitazione ampia, trasversale e rivolta anche ai leader internazionali attesi il giorno successivo a Johannesburg per il G20.
Il contesto in cui l’azione è maturata è segnato da dati estremamente gravi. Secondo l’ultimo Quarterly Crime Statistics pubblicato dal South African Police Service (Saps) – documento ufficiale diffuso dal ministero della giustizia e della sicurezza sudafricano – nel trimestre più recente sono stati denunciati più di 10.000 casi di violenza sessuale, con una media superiore a 3.000 stupri al mese. Gli omicidi di donne restano stabilmente oltre i 1.000 casi l’anno. Il South African Medical Research Council, in diversi rapporti annuali, inserisce il Sudafrica tra i Paesi con i più alti tassi di femminicidio al mondo. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), nei suoi studi regionali sulla violenza di genere nell’Africa australe, conferma che i livelli sudafricani sono circa cinque volte superiori alla media globale.

Alla luce di questi dati, la decisione di dichiarare la violenza di genere un disastro nazionale apre la strada all’attivazione di strumenti straordinari: riassegnazione urgente di fondi, creazione di unità interministeriali, rafforzamento delle capacità investigative, potenziamento dei centri di assistenza e accelerazione del National Strategic Plan on Gender-Based Violence and Femicide. Quest’ultimo è un documento ufficiale del governo sudafricano adottato nel 2020, spesso criticato dalle associazioni per la sua applicazione diseguale.
Il fatto che la mobilitazione e l’appello al riconoscimento come disastro nazionale siano avvenuti alla vigilia del G20 di Johannesburg ha avuto un forte valore politico e simbolico. Il governo ha voluto mostrare anche alla comunità internazionale che la crisi è stata finalmente inquadrata come un’emergenza nazionale. Le associazioni, dal canto loro, hanno sfruttato l’attenzione mediatica globale per ribadire che servono investimenti strutturali e riforme profonde, dalla polizia alla magistratura, fino ai servizi di supporto alle vittime.
In occasione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, il Sudafrica si presenta dunque con una narrativa complessa: uno Stato che riconosce formalmente la portata del disastro e annuncia misure straordinarie, e una società civile che continua a esercitare pressione affinché gli impegni assunti si traducano in interventi concreti e verificabili. Come notano alcuni osservatori, le manifestazioni del 21 novembre hanno mostrato che in un Paese con tassi tra i più alti al mondo la mobilitazione dal basso resta una forza imprescindibile.


