di Simona Salvi
In Madagascar la bandiera del manga One Piece è diventata l’emblema della Generazione Zeta che protesta contro blackout e carenze d’acqua: alle rivendicazioni si sono però sovrapposte violenze e saccheggi, alimentando sospetti di manipolazioni politiche.
Un teschio e ossa incrociate sotto un cappello di paglia, il tutto su sfondo nero: dopo Nepal e Indonesia, è in Madagascar che la bandiera pirata del manga giapponese One Piece si è affermata come simbolo della Generazione Z, che protesta contro le ricorrenti interruzioni di corrente e la mancanza d’acqua. Richieste legittime che sono state però oscurate dalle violenze di piazza e dai saccheggi che hanno colpito prima le aziende e poi le abitazioni private, a fronte di un comportamento delle forze di sicurezza denunciato come brutale contro i manifestanti e permissivo nei confronti dei responsabili degli atti vandalici, tanto da sollevare perplessità nella popolazione.
Per questo in un editoriale intitolato “La generazione Z del Madagascar presenta al governo il conto della sua arroganza”, il quotidiano Tribune ha provato a capire se si sia trattato di “eccessi incontrollati oppure controllati a distanza”, puntando il dito innanzitutto contro il capo della polizia di Antananarivo, il generale Angelo Ravelonarivo, noto per la “sua sistematica propensione a negare l’autorizzazione a manifestazioni che non sia celebrative dell’attuale governo”, per non essere riuscito a mantenere l’ordine. Un fallimento che ha sollevato quindi l’interrogativo su chi possa trarre vantaggio da questi eccessi, rimarcando che “il ricorso a rivoltosi e teppisti per screditare i movimenti di protesta è una pratica dei leader malgasci”.

Il quotidiano ha ricordato infatti gli eventi del 2009 che portarono l’attuale presidente Andrey Rajoelina al potere dopo un colpo di stato: “Il legame tra il regime di Rajoelina e i criminali disposti a partecipare a colpi di Stato è noto dal 2009. Provenienti dalle baraccopoli e principalmente dagli ambienti del rugby, hanno avuto un impatto significativo sulla sua ascesa al potere, in particolare attraverso gli eventi del Lunedì Nero (26 gennaio 2009) e la sanguinosa marcia verso il Palazzo Ambohitsorohitra (7 febbraio 2009)”. Precedenti che spingono a guardare quindi con sospetto al governo, che userebbe la psicosi creata dai saccheggi per screditare le rivendicazioni della “Gen Z” e ridurre l’affluenza alle proteste di piazza.
Secondo il quotidiano, l’attuale opposizione politica non sarebbe in grado di orchestrare tali manovre, perché indebolita dal fallimento delle proteste del 2023 contro il voto che ha riconfermato Rajoelina per un terzo mandato, e perché non avrebbe i “necessari collegamenti con le baraccopoli e il mondo del rugby, da decenni terreno fertile per teppisti e rivoltosi”. Non è escluso, ha aggiunto il Tribune, che possa essere opera di gruppi vicini al governo, desiderosi proprio di sbarazzarsi del presidente, che nel suo intervento dopo le proteste e le violenze ha parlato di “atti di destabilizzazione e di una forma di colpo di stato”, annunciando al contempo il licenziamento del ministro dell’Energia, riforme in tempi rapidi, aiuti per le vittime dei saccheggi e un dialogo diretto con i giovani.

Parole che però non sono state ritenute sufficienti dalla Generazione Z che ha chiesto le dimissioni del governo, definito “fallimentare”, e quelle del capo della polizia per le “violazioni dei diritti fondamentali”, e ha indetto nuove manifestazioni, esortando al contempo i partecipanti ad abbandonare immediatamente la piazza qualora la situazione dovesse degenerare, per evitare confusione con i fomentatori di disordini.
In un discorso televisivo, Andry Rajoelina ha annunciato ieri sera di aver ascoltato i giovani, e ha destituito il suo primo ministro e il suo governo.


