Sulla missione ad Haiti si giocano le relazioni Kenya-Usa

di claudia
Una donna haitiana

di Andrea Spinelli Barrile

Il coinvolgimento di Nairobi nella missione di sicurezza non riguarda solo il mantenimento della pace, ma influisce direttamente sulle relazioni economiche e diplomatiche con gli Stati Uniti, mentre il futuro del Paese dei Caraibi potrebbe essere ridefinito dai cambiamenti di politica americana e dal ruolo crescente di contractor privati

Sulla missione di sicurezza ad Haiti si gioca un pezzo di futuro economico del Kenya ma anche una buona parte delle sue attuali relazioni con gli Stati uniti. Elementi che, tra l’altro, sono uniti tra loro in modo indissolubile.

Secondo quanto riportato dal quotidiano americano Miami Herald, intervenendo il 20 agosto a una riunione dell’Organizzazione degli Stati americani, il vice capo della missione statunitense ad Haiti, Kimberly Penland, ha rivelato che Washington sta redigendo una risoluzione per il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite per “dotare di risorse adeguate” la missione. La bozza di risoluzione, in linea con la proposta del Segretario generale delle Nazioni unite António Guterres di utilizzare i fondi per il mantenimento della pace per il supporto logistico e operativo, aprirebbe di fatto la strada a nuovi accordi, di partnership e soprattutto leadership. Nel suo intervento, Penland ha elogiato il ruolo del Kenya nell’ultimo anno, ringraziando il Paese “per la sua dedizione, leadership e sostegno in un momento critico, dimostrando enorme compassione e coraggio, mettendo in pericolo la sua gente a migliaia di chilometri da casa e impedendo al contempo il completo collasso dello Stato haitiano”.

Ma forse, e questo è il grande non-detto, adesso è ora di finirla: il Kenya – che ha schierati ad Haiti circa 1.000 agenti di polizia – ha assunto un ruolo di leadership della missione sotto l’amministrazione del presidente Joe Biden, ma il cambio di politica di Trump potrebbe segnare una svolta nella partnership.

Non a caso, Haiti è stata la protagonista di diverse telefonate avute tra l’amministrazione Ruto, e Ruto stesso, con l’amministrazione americana. L’ultima, pochissimi giorni fa, si è tenuta tra il presidente keniano e Marc Rubio, segretario di stato Usa. Se l’ambasciata americana a Nairobi cerca di gettare acqua suo fuoco, in attesa di capire bene cosa succederà, sono già emersi importanti interrogativi sul futuro degli aiuti esteri degli Stati Uniti al Kenya, sulla revisione dello status del Kenya come alleato non-Nato e, più in generale, sui riallineamenti geopolitici del Paese africano.

Di recente, un lungo articolo sul Wall Street Journal ha riportato il rinnovato interesse di Erik Prince, fondatore della compagnia mercenaria americana Blackwater, per Haiti, dove la sua azienda è presente nell’ambito di un contratto governativo stipulato a marzo per una cifra richiesta di almeno 10 milioni di dollari all’anno, pagati dal governo o da una coalizione di interessi privati. Lo stesso Prince, tornato nelle grazie della Casa Bianca, ritiene che i suoi mercenari (l’azienda oggi si chiama Vectus Global ed è una vera e propria holding di società di sicurezza che operano già in Ecuador, Repubblica democratica del Congo e Haiti) possano colmare il vuoto lasciato dai lavori di sicurezza internazionale che l’amministrazione Trump preferirebbe non finanziare più e sostiene di voler realizzare profitti nei Paesi che hanno disperatamente bisogno dell’assistenza degli Stati Uniti: “Non sono vicino a Trump. Ma sono vicino al suo staff”, ha detto Prince citando il segretario alla Difesa Pete Hegseth.

Nell’ambito di un contratto di sicurezza di un anno, Prince ha assunto mercenari salvadoregni per aiutare la polizia haitiana a colpire le bande criminali con droni standard caricati con esplosivi, utilizzando tecniche sviluppate durante la guerra in Ucraina: localmente questi uomini operano per conto del governo e rispondono solo ad Haiti e il primo ministro haitiano Alix Didier Fils-Aimé l’importo che Haiti pagherà a Prince in base al contratto è pari a circa l’1% del miliardo di dollari speso negli ultimi anni dalle Nazioni unite e dai governi precedenti per la sicurezza.

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