Somalia, il futuro parte dal lavoro

di claudia

DI Nexus Emilia Romagna ETS

Mogadiscio. In Somalia il cambiamento passa per le mani di pescatori, sarti e piccoli commercianti. Con oltre l’80% delle attività produttive informali, il governo federale ha avviato una delle transizioni più complesse e necessarie della sua storia recente: trasformare attività invisibili, precarie, in lavoro dignitoso e protetto. Il Ministero del lavoro e le parti sociali hanno sottoscritto di recente un piano nazionale che accoglie questa sfida, e i primi risultati arrivano dal campo.

Oltre l’80% dell’economia somala è ancora informale, composta da attività prive di licenze, contratti regolari o accesso alla previdenza che garantisce sopravvivenza quotidiana a milioni di persone ma nega loro ogni protezione e prospettiva a lungo termine. Questo sistema, diffuso soprattutto nel tessile, pesca, servizi e commercio al dettaglio, è spesso segnato da precarietà, mancanza di tutele sociali e disparità salariale, in particolare tra donne e uomini. In questo contesto va situata l’azione della cooperazione italiana che, con il progetto “I.N.FORMA.L – Informare, Regolare, Formare, Lavorare. Piano d’Azione Nazionale per la transizione dall’economia informale a quella formale in Somalia”, realizzato da NEXUS ER, l’istituto di cooperazione della CGIL, che si pone l’obiettivo di sostenere e accompagnare parti sociali e ministero del lavoro somalo verso l’identificazione di misure per l’emersione lavorativa, la formazione professionale de(i)lle giovani somali. Un’azione di cooperazione internazionale radicata sul territorio e promotrice di formazione professionale, strumenti normativi, supporto alle microimprese e creazione di capacità istituzionali.

Spazio alle donne

La formalizzazione risulta tanto più complessa quanto più ci si allontana dalla capitale: in gioco non c’è solo l’accesso al lavoro, ma la stessa tenuta economica e istituzionale di uno Stato in transizione. Per questo motivo l’iniziativa ha interessato sei diverse aree e città del Paese — Banadir (Mogadiscio), Hirshabelle (Beledweyne), SouthWest (Baidoa), Galmudug (Dhusamareb), Jubaland (Kismayo) e Puntland (Bosaso) — dove, tra il 2024 e il 2025, 135 persone hanno partecipato a percorsi formativi settoriali in pesca, tessile e commercio (45 in ciascun ambito). Significativa la partecipazione femminile: 58 donne (43%) accanto a 77 uomini (57%).In una seconda fase, 65 partecipanti selezionati (42 uomini e 23 donne) hanno seguito corsi avanzati dedicati alla gestione e allo sviluppo d’impresa, con l’obiettivo di ridurre il divario tra competenze disponibili e richieste del mercato.

I contenuti, calibrati sui bisogni reali dei beneficiari, hanno spaziato dall’alfabetizzazione legale e finanziaria alla gestione micro-imprenditoriale, fino ai percorsi di registrazione e alle norme di salute e sicurezza sul lavoro. Particolare attenzione è stata riservata all’inclusione di genere e al rafforzamento delle capacità di negoziazione collettiva, fondamentali per garantire condizioni più eque e sostenibili. La partecipazione del 35% di donne al secondo livello di formazione è stato un risultato importante considerando la natura prevalentemente maschile dei settori della pesca, tessile e del piccolo commercio. Gli sforzi del programma volti a garantire alle donne una formazione professionale hanno affrontato la questione dell’inclusività di genere e abbattuto le barriere socio-culturali che limitano la loro partecipazione economica.

Da invisibili a protagonisti

La Somalia prova a voltare pagina. Dopo decenni di instabilità politica e insicurezza, il Paese compie un passo importante con il Piano Nazionale Tripartito per la formalizzazione del lavoro, approvato a Mogadiscio nel maggio 2025 e presentato a Ginevra il mese successivo. Un’iniziativa che riunisce Ministero del Lavoro (MOLSA), Federazione dei Sindacati Somali (FESTU) e Camera di Commercio e Industria (SCCI), con un obiettivo ambizioso: trasformare milioni di lavoratori invisibili in cittadini produttivi, dotati di diritti, tutele e riconoscimento legale. I numeri mostrano la portata della sfida. Secondo i dati ufficiali più recenti, il 62% degli operatori economici non conosce i processi di registrazione aziendale e il 68% ignora le misure governative sul lavoro. La maggior parte delle attività, piccole o microimprese, resta quindi ai margini di un sistema privo di garanzie e protezioni.

Il nuovo piano intende colmare questo vuoto con sei linee di azione. Si parte dalle riforme legali, per semplificare registrazione e tassazione, e dal rafforzamento dei diritti dei lavoratori, con l’introduzione di contratti regolari, salari minimi e standard di sicurezza. Centrale è anche l’inclusione finanziaria, attraverso l’accesso a credito, mobile banking e strumenti digitali, insieme a un ampio piano di comunicazione che sfrutterà media e reti comunitarie. Non meno importante l’impegno per l’equità di genere, con la promozione della leadership femminile e della parità salariale, e il rafforzamento istituzionale, con percorsi di formazione per sindacati, enti pubblici e imprese. Al centro del documento c’è un principio chiaro: la formalizzazione non è solo un adempimento burocratico, ma un processo trasformativo. Significa migliorare le condizioni di vita, consolidare lo Stato e costruire un’economia più giusta e inclusiva.

Svolta per pesca e commercio

Nel settore della pesca artigianale, il Piano punta a rafforzare legalità, sicurezza e sostenibilità. Nelle comunità costiere di Kismayo, Bossaso e Mogadiscio, molti pescatori operano ancora senza regolamentazione, esposti a rischi di pirateria e sfruttamento. Per invertire la rotta, il programma prevede l’iscrizione delle microimprese, la tracciabilità del pescato, la formazione delle donne impegnate nelle fasi di lavorazione post-raccolta e il potenziamento della catena del freddo. In questo modo, i pescatori diventano sentinelle della legalità e simboli di resilienza, restituendo al mare il ruolo di risorsa economica e spazio di cittadinanza. La trasformazione non è solo strutturale ma anche simbolica: significa riappropriarsi del mare, rivendicando sovranità, sicurezza e tecniche tradizionali sostenibili. Nei mercati interni di Baidoa, Beletweyn e Galkayo, venditrici ambulanti e piccoli commercianti diventano a loro volta protagonisti del Piano, che introduce licenze semplificate, sportelli di registrazione e strumenti di supporto fiscale e finanziario per integrarli nel tessuto normativo e produttivo nazionale. Il modello scelto è quello delle Enterprise Development Units (EDU): sportelli locali ad approccio tripartito che offrono servizi su misura e generano fiducia tra cittadini, istituzioni e imprese.

Non si tratta solo di regolare, ma di riconoscere e valorizzare il lavoro esistente, renderlo dignitoso e protetto. Il quadro che emerge è incoraggiante, ma le sfide restano enormi. La Somalia si trova oggi a un bivio: da una parte, il rischio di un’economia ancora confinata nell’informalità e priva di diritti; dall’altra, la prospettiva di una nuova fase segnata da cittadinanza economica, investimenti strutturali, dignità sociale e relazioni industriali tripartite. Il Piano d’Azione Nazionale, presentato a Ginevra, racconta una Somalia che prova a rigenerarsi anche a partire dal mare. Una scelta non solo economica, ma profondamente politica: superare precarietà e marginalità per costruire uno Stato capace di regolare il mercato, estendere diritti e garantire equità e crescita inclusiva.

AU-UN IST PHOTO / STUART PRICE

L’impegno a dare dignità al lavoro

Il programma “I.N.FORMA.L” – Istruire, Normare, FORMAre, Lavorare – AID 012590/03/0 intende promuovere la transizione sostenibile dall’economia informale a quella formale attraverso una crescita inclusiva e condizioni di lavoro dignitose per rafforzare lo Stato di diritto, la pace, il dialogo sociale e i diritti umani. Finanziato dalla Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS), è realizzato da Nexus Emilia Romagna ETS in collaborazione con partner somali quali la Federazione dei Sindacati Somali (FESTU), il Ministero del Lavoro e degli Affari Sociali (MOLSA) e la Camera Nazionale del Commercio e dell’Industria (SCCI) e partner internazionali quali la Confederazione Internazionale dei Sindacati Africa (ITUC-CSI Africa) e la Confederazione Generale Italiana del Lavoro CGIL (partner tecnico). Maggiori informazioni su https://somaliainformal.nexusemiliaromagna.org/

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