São Tomé, l’isola che incanta

di Marco Trovato

Un nostro lettore, tornato da un viaggio organizzato dalla nostra rivista, racconta la magia di São Tomé: villaggi sorridenti, comunità solidali, foreste indomite, spiagge popolate di tartarughe e il profilo unico del Pico Cão Grande. Un’esperienza intensa, che unisce natura e umanità in un equilibrio sorprendente. Un invito a scoprire con noi l’isola più segreta del Golfo di Guinea.

Prossimi turni: 4/14 dicembre, 1/11 gennaio (accompagnati da Marco Trovato, direttore di Africa), 22 gennaio/1 febbraio

di Leonardo Palmisano

La cosa più affascinante di São Tomé sono i suoi paradossi accoglienti. Prima ancora della natura lussureggiante, sono le persone e i villaggi a colpire: comunità sorridenti che, pur nella semplicità dei mezzi, custodiscono una ricchezza di relazioni e di solidarietà. Gli isolani si dividono, grosso modo, in quattro grandi categorie sociali – pescatori, agricoltori, venditori e raccoglitori – e vivono tra palafitte variopinte, mercati animati, ruscelli dove lavare i panni e piccoli porti affollati di barche di legno.

Le famiglie, numerose e solidali, riempiono cortili e spiagge: a Tamarindos, a Lagoa Azul, tra baobab e mare, l’infanzia corre libera, vivace, sorprendente agli occhi di un europeo non più abituato a tanta vitalità. Intorno, le roças, le antiche fattorie coloniali del cacao e del caffè, sono ancora abitate e raccontano la storia di un’isola che vive sospesa tra passato e presente.

Ovunque la vegetazione avanza: al sud, verso Praia Jalé, la foresta pluviale riconquista ogni spazio. Solo i colpi di machete delle guide locali riaprono i sentieri che il sottobosco richiude ogni notte. È una natura che non si arresta mai, che cresce al ritmo incessante dell’oceano che la circonda.

Su tutto domina la roccia del Pico Cao Grande: l’emersione dalla terra vulcanica di un monte che come un dito si erge verso le nuvole tagliandole e inanellandosene. È possibile raggiungere le pendici del Pico attraversando il parco naturale di Obò. Così come è possibile tagliare a piedi la foresta secondaria seguendo le vecchie condutture dell’acquedotto coloniale.

Siamo dentro una foresta in parte inesplorata, ricca di specie probabilmente ignote e di piante e animali nativi a cui gli abitanti hanno assegnato i loro nomi. Volatili con le code a lunghe piume bianche colorano le nere scogliere meridionali, orchidee selvatiche, felci antichissime, mangrovie e cacao, vaniglia, cannella. Sulle spiagge si incontrano tartarughe marine, e all’orizzonte, con un po’ di fortuna, balenottere di passaggio.

Quest’abbondanza fa sì che l’isola non conosca la fame: il mare offre tonni, barracuda, polpi e pesci azzurri; la terra regala papaya, banane, cocchi e frutti dell’albero del pane. La scarsità di allevamenti rende rara la carne, ma non mancano nutrimento ed equilibrio alimentare. Non è un caso se l’età media qui è più alta rispetto al resto dell’Africa e la mortalità infantile molto più bassa.

Tanto è vero che le scuole primarie sono gli edifici pubblici più diffusi, una per cittadina, una per villaggio. Come a Neves, dove anche le furiose danze tradizionali inscenate sulla piazza centrale raccontano con forza quell’eterno, affascinante contrasto tra la natura rigogliosa e la vita degli uomini: un equilibrio fragile e paradossale che rende São Tomé unica e indimenticabile.

Leonardo Palmisano
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