NoWalls, la scuola abbatte i muri

di Stefania Ragusa

Quando entra in classe, Ahmed sembra portare una luce speciale. Stephan, seduto al banco, ha lo sguardo furbo da scugnizzo. Djalo, tenerissimo, chiama mamma la maestra perché lei si prende cura di lui. «Sei la mia mamma bianca», le dice. Mamadou non parla mai. Nou, invece, parla sempre, anche quando non dovrebbe. 

Poi ci sono le ragazze. Quelle che arrivano dal Corno d’Africa – Dahabo Yordanos, Fardowso – hanno veli, gonne e scialli abbinati in mille colori, mille fantasie che nessuno stilista oserebbe mai. A torto, perché sono bellissime. Queste donne, per lo più giovanissime, che hanno viaggiato e subito l’indicibile, illuminano l’aula di risatine complici. Incarnano la forza, la resilienza, la determinazione a perseguire un sogno e a combattere il dolore. Le ragazze nigeriane preferiscono gli abiti stretti, vengono alla lavagna con passo da pantera, con una sensualità inusuale per chi è abituato all’understatement milanese. Serie, chiuse e quasi ostili, sotto parrucche improbabili e ciglia finte, con i loro nomi che esprimono assoluti – Precious, Joy, Beauty – si rivelano bambine quando all’improvviso regalano un sorriso.

Un momento di studio comune

Insegnare italiano ai migranti, ai richiedenti asilo, persone sospese tra un prima che appartiene all’orizzonte dell’orrore e un dopo che si aggrappa ostinato alla speranza, è come vivere dentro a tante storie, attraversare mondi, imparare altri modi di essere donne, uomini, madri, figli, padri, amici. Ed è certo questa ricca possibilità di immergersi in tanta variegata umanità che ha inchiodato al loro ruolo di maestre e maestri gran parte dei 100 volontari di NoWalls, associazione di promozione sociale che da tre anni si occupa di alfabetizzazione e integrazione.

Nata tre anni fa, grazie alla capacità visionaria di Angela Marchisio (imprenditrice che ha deciso di lasciare la sua attività per dedicarsi al volontariato) e Silvana Strambone, l’associazione ha fondato ScuolAperta, vero cuore di tutte le sue iniziative: NoWalls ha portato dentro al Cas di via Corelli (che oggi è stato chiuso e trasformato in CPR, ossia Centro di Permanenza per il Rimpatrio) una scuola a tutti gli effetti, costruita sull’azione dei suoi volontari. Nelle aule sono passati 500 allievi per un totale di 8mila ore di insegnamento. Alla fine del 2017 ScuolAperta, con i suoi volontari, è uscita dal centro di via Corelli ampliando il suo raggio d’azione: oggi ha attivi 9 corsi di alfabetizzazione per migranti in 4 centri di accoglienza e in 5 biblioteche. Non solo: sono partiti anche corsi di supporto allo studio per adulti che devono affrontare l’esame di terza media e anche un doposcuola nella media di via Anemoni a Milano. Perché il loro operato sia efficace, i volontari sono costantemente seguiti e formati da un’insegnante di L2 professionista. Lo scopo di tanto sforzo? Dare ai migranti il primo strumento per integrarsi, ovvero la lingua parlata nel Paese in cui vivono.

La squadra di calcio

E nell’ottica di favorire l’integrazione, che è sempre un dialogo a due voci, Nowalls realizza anche interventi di sensibilizzazione sul tema degli stereotipi e dell’incontro interculturale in scuole milanesi, dalle elementari ai licei. In più, ha fondato una squadra di calcio mista dove giocano insieme richiedenti asilo e italiani, sta costruendo un sistema per cercare di fare incontrare la domanda e l’offerta di lavoro e molti altri progetti sono in campo.

Non sono tempi facili questi, in realtà. Occuparsi di migranti ha assunto negli ultimi mesi una valenza quasi eversiva, ma dall’associazione fanno sapere che il clima di razzismo diffuso sta raccogliendo come contraltare la reazione di chi non riesce più a stare a guardare in silenzio: quasi ogni giorno arrivano candidature di nuovi aspiranti volontari.  Nonostante gli sgomberi di centri di accoglienza dove si lavorava per dare concretezza ai sogni legittimi di persone venute da lontano, nonostante i tagli dei finanziamenti, nonostante il dolore di vedere i propri studenti cacciati in strada, l’azione di NoWalls non si ferma. E per capire il motivo basta guardare il luccichio negli occhi dei volontari quando raccontano di Bilget che ha ottenuto un lavoro da Starbucks o di Ladjie che in classe faceva fatica ma ora è un fioraio bravissimo. Basta farsi contagiare dalle risate che esplodono nel ricordare certi aneddoti. Perché quello che arriva da questi incontri con la diversità e la fragilità è spesso una grande dose di allegria e complicità, checché ne dica chi, per affermarsi, ha bisogno sempre di inventarsi un nemico.

Marta Dore

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