Le parole di Aida Aicha

di Stefania Ragusa

Mi chiamo Aida Aicha Bodian. Sono nata in Senegal nel 1986, cresciuta in Italia e da circa un anno vivo in Francia. Mi piace definirmi una cittadina del mondo.

Da piccola volevo fare l’astronauta per vedere la Terra da un’altro punto di vista. Il primo viaggio importante della mia vita risale al 1992, quando mia madre, la mia sorellina ed io raggiungemmo mio papà in Italia, in un piccolo paese della Lombardia, Lonato del Garda. Lì trovai anche Itala, una signora di circa sessant’anni che divenne presto la mia nonna bresciana, che ci portava in giro per scoprire quello che ci circondava: il lago, i boschi, la gente. A Lonato del Garda c’erano Gianna, Mario e Mauro, i miei primi compagni di classe, le mie prime maestre e le mie prime amiche. Gianna era come una “zia acquisita”. Castana con riflessi di biondo e occhi chiari, faceva il pollo arrosto con le patate al forno più buone del mondo. Ho imparato da lei che, in presenza di altre persone, non sta bene parlare all’orecchio.
Dopo due anni però rifacemmo i bagagli e ci trasferimmo in Veneto, perché mio padre aveva trovato lavoro lì, tra le colline coperte dai vigneti.
E’ iniziato così il tempo dei giochi in cortile, dei pomeriggi all’aperto a giocare con l’elastico, campana, a strega comanda colore. Ci sono state nuove e care vicine di casa, compagni di scuola, maestri, super bidelle, sagre in paese e dei tornei .

La vita era leggera ma chiedeva anche di prendere delle decisioni.  Per esempio sullo studio. Quando ti rendi conto che fare l’astronauta forse è un impegno un po’ troppo grande, pensi allora che scegliere un indirizzo turistico nel percorso di studio può essere un buon compromesso: ti permetterà comunque,  di viaggiare. Mi sono messa in moto e mossa ancora. Dopo il diploma come perito turistico ho lavorato in uno sudio legale ancora in Veneto e poi in una società di comunicazione a Reggio Emilia. Nel frattempo ho iniziato a portare avanti  i miei progetti: la creazione di una community in cui promuovere la bellezza della diversità, la creazione di un’associazione di promozione sociale “Roots Evolution”, il  volontario e l’attivismo.
Sono tornata in Senegal nel 2017, dopo 25 anni di assenza, colmata solo in parte dai racconti degli amici e dei miei genitori. E’ stato subito amore e non c’è da stupirsi, visto che il paese della teranga, dell’ospitalità semplice, umile e calorosa, fa facilmente questo effetto. Grazie a questo viaggio ho scoperto un’altro pezzo di me, preso consapevolezza che posso essere italiana e senegalese allo stesso tempo, che parlare in casa djola, wolof, italiano, dialetto veneto, dialetto reggiano, passando al francese e inglese non può che essere un valore e una ricchezza da coltivare e tramandare.
Mia madre diceva e dice tutt’ora: in qualunque posto andrai semina bene e cerca di lasciar un buon ricordo di te. Così ho fatto. In tutte le città che ho toccato e anche adesso in Francia, questa è stata la mia attitudine.Sono una ragazza che ha tante passioni e tanta curiosità. Un po’ nerd a mio modo, adoro la tecnologia, il digital, la comunicazione.

Amo la scrittura e le parole e, con questo, arriviamo al cuore del progetto che sto curando adesso: un libro immaginato per raccogliere le parole dell’umanità. A ispirarmelo è stato mio padre, ormai sessantenne, che non perde mai l’occasione di salutare, dire “ciao” allo sconosciuto che gli passa accanto, mentre passeggia sul marciapiede. Quello che io chiamo oggi “vizietto” per lui non è altro che una parte di quell’educazione senegalese ricevuta da piccolo, contrassegnata dall’apertura e dal rispetto per l’altro. L’educazione che aveva trasmesso anche alle sue figlie.
Un giorno, ormai grande, mi sono messa a riflettere. Mi sono fermata a osservare le persone attorno a me, le loro azioni, i loro gesti e i miei. Ho preso carta e penna e iniziato a scrivere alcune parole che erano state importanti nella mia infanzia e che sentivo il bisogno di ritrovare.
La prima è stata sorridi, una cosa che si fa, a volte senza pensare, ma in fondo mai abbastanza. Poi ho aggiunto amore, che è il cardine della mia esistenza. Ho pensato quindi che quello che manca tanto in questa epoca l’ascolto, dato e ricevuto. Da ascolto a empatia il passo è stato breve… Il mio elenco è proseguito con perdono, aiuto, rispetto, umiltà, gentilezza, dignità, speranza e molte altre parole. Le ho raccolte, spiegate e ho chiesto ad amici e conoscenti di varie parti del mondo, di tradurmele nelle loro lingue. Ho chiesto a Nicola Grotto (nella foto lo vedete al lavoro), di aiutarmi a illustrarle con la sua arte e la sua sensibilità. Il risultato è stato magnifico.
Ora sono qui a chiedere un piccolo aiuto a tutti voi che mi leggete. Per trasformare questo progetto in un oggetto concreto, un libro da leggere e passarsi di mano in mano, occorrono risorse. Per questo ho lanciato una raccolta fondi, attraverso il crowfunding. Da sola non avrei la possibilità di arrivare fino in fondo. Con un piccolo aiuto Le parole dell’umanità, questo libro-manifesto che prova a interrompere il discorso d’odio per avviare una nuova conversazione, potrà vedere la luce e iniziare il suo cammino.

A questo link tutte le informazioni pratiche, per saperne di più e per sostenermi.

(Aida Aicha Bodian)

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