di Mario Giro
Gli afroamericani, discendenti degli schiavi, e gli africani di recente e volontaria emigrazione negli Stati Uniti sono due realtà sociologicamente e psicologicamente distinte. Negli ultimi anni, diverse iniziative di indole culturale, lanciate soprattutto in Ghana e in Nigeria, stanno accorciando le distanze tra le diaspore, e tra queste e l’Africa.
Cosa fare della diaspora è divenuto un punto programmatico importante per molti leader africani. In particolare interessa quella degli Stati Uniti, come ad esempio l’etiopica da decenni presente negli Usa o la nigeriana che addirittura conquistò molti posti nell’amministrazione Biden tanto che da essere festeggiata in pompa magna al Waldorf Astoria di New York. Non è solo una questione di ricchezza ma anche di influenza: molti americani di origine africana hanno fatto fortuna negli Usa, ma hanno anche scalato i gradini del potere economico e politico. C’è una differenza tra americani di origine africana e afroamericani, cioè i discendenti degli schiavi che sono cittadini da molte generazioni. Sui nuovi arrivati pesa meno lo stigma della schiavitù: si tratta di una generazione di immigrati con molta voglia di riuscire e con meno complessi nei confronti del mondo “bianco”. Il fatto di essere figli della colonizzazione europea e non delle piantagioni schiaviste cambia l’approccio antropologico alla realtà.

Per unificare questi due mondi – che si riconoscono ma allo stesso tempo si sfuggono –, nel settembre del 2018, durante un evento a Washington DC a cui erano presenti deputati, attivisti e imprenditori, l’allora presidente del Ghana, Nana Akufo-Addo, aveva lanciato l’idea dell’Anno del Ritorno. Nel suo discorso il presidente aveva detto: «Siamo consapevoli degli straordinari successi che gli africani della diaspora hanno apportato alla vita degli americani: è importante che 400 anni dopo commemoriamo la loro esistenza e i loro sacrifici». In questa maniera egli univa i destini di chi era arrivato in America secoli prima e di chi vi è giunto molto più di recente. L’Anno del Ritorno ha colmato il divario tra gli africani e la diaspora africana in tutta la sua complessità. Da un evento che voleva essere unico, l’idea si è trasformata in una serie di eventi che proseguono con sempre maggior successo.
Su questa spinta, nel 2020 il Parlamento di Accra ha approvato una nuova legge sulla cittadinanza che permette il mantenimento di quella ghanese anche nel caso di accessione a quella del Paese di immigrazione. Ancora più significativa è stata la norma che prevede un «diritto di residenza» per qualsiasi «persona di discendenza africana nella diaspora» senza impedimenti. Durante la tratta degli schiavi il Ghana ha avuto un ruolo di snodo negriero tuttora testimoniato dai tanti edifici della deportazione, come i forti di Elmina o di Cape Coast. Da tempo il Paese è un luogo di pellegrinaggio di grande importanza, come l’isola di Gorée in Senegal. C’è stato un fascino emotivo nella decisione di inaugurare l’Anno del Ritorno proprio in quei luoghi della memoria. La ministra del Turismo ghanese Catherine Afeku aveva annunciato l’iniziativa con queste parole: «Mentre attraverserete le prigioni degli schiavi, sarete coloro che furono venduti come schiavi e che sono tornati a casa». Una leva potente sui sentimenti profondi delle popolazioni di origine africana.

Dal 2018 l’Anno del Ritorno è stato un susseguirsi di eventi accademici, cinematografici, culturali, di moda e musicali, alcuni dei quali con una certa risonanza internazionale. Ciò vale soprattutto per la musica, che è divenuta un linguaggio universale: i festival musicali Afrochella, Afrofuture, Afronation e Detty Rave sono ormai frequentati globalmente. Si tratta di un modello culturale sincretico in pieno sviluppo. La musica si è rivelata il mezzo migliore per fare pubblicità agli eventi del “ritorno”, che si sono allargati oltre il Ghana, come il Detty December nigeriano. Si tratta di una serie di iniziative culturali ma soprattutto musicali che si svolgono tra Lagos e Abuja durante il mese di dicembre, attorno alle feste di Natale. Tutti i dati dimostrano che le visite della diaspora africana in Ghana sono aumentate di oltre il 40% annuo. Anche il dicembre nigeriano è molto seguito. Sono iniziative che mescolano turismo e memoria, e provano a connettere le due sponde dell’Atlantico.



