Decine di attivisti keniani hanno inscenato una protesta vibrante ieri mattina davanti a un obitorio di Nairobi, capitale del Kenya. La manifestazione è scaturita dalla morte di Albert Omondi Ojwang, 31 anni, insegnante e creatore di contenuti online, avvenuta mentre era sotto custodia della polizia. Un decesso che potrebbe innescare nuove e più ampie mobilitazioni.
Ojwang era stato arrestato venerdì scorso a Homa Bay, nell’omonima contea al confine con la Tanzania, sul lago Albert, in seguito a una denuncia per un post pubblicato su X (ex Twitter), ritenuto offensivo dal vice capo della polizia Eliud Lagat. Trasferito d’urgenza a Nairobi – un viaggio di circa 300 chilometri e sette ore in furgone – Ojwang è arrivato sabato e detenuto presso il commissariato centrale. All’1:30 di domenica mattina, poche ore dopo il suo arrivo, è stato trovato morto in cella.
In una prima dichiarazione, la polizia ha affermato che Ojwang “ha riportato ferite alla testa dopo aver sbattuto la testa contro il muro della cella”. Tuttavia, l’avvocato della famiglia, Julius Juma, ha smentito questa versione, dichiarando che il corpo presentava segni di gravi traumi fisici, tra cui gonfiore alla testa, al naso e alle orecchie. L’avvocato Juma ha poi aggiunto che le contusioni sulle spalle e sulle mani di Ojwang non sarebbero compatibili con un singolo impatto.
La polizia sostiene che Ojwang sia stato trovato privo di sensi durante un’ispezione di routine e “trasportato d’urgenza in ospedale, dove è stato dichiarato morto all’arrivo”. Tuttavia, molti elementi suggeriscono che l’uomo abbia subito torture e percosse. L’unica certezza è la sua morte a poche ore dall’arresto, mentre era in custodia di polizia.
L’Autorità Indipendente di Vigilanza sulla Polizia (Ipoa) del Kenya ha avviato un’indagine sulla morte di Ojwang e ha ottenuto la sospensione dal servizio degli agenti presenti alla stazione centrale di Nairobi. Tra i principali sospettati c’è anche il capo della stazione di comando della polizia centrale, per il quale l’ispettore generale della polizia Douglas Kanja ha ordinato l’arresto.
La Commissione Nazionale Keniana per i Diritti Umani (Knchr) ha espresso “profonda preoccupazione” per quello che ha definito “un abuso del potere statale” da parte di alcuni individui in divisa. Anche l’ex procuratore generale del Kenya, Justin Muturi, ha rilasciato dichiarazioni ai media locali, ricordando che la diffamazione non è un reato e sottolineando come gli agenti di polizia continuino a detenere persone in tutto il paese con accuse vaghe relative alla diffamazione e alle false notizie. “Dobbiamo esigere che venga riconosciuta la responsabilità”, ha detto Muturi, “per la morte di Ojwang, per l’abuso di potere della polizia, per la deliberata erosione del nostro diritto di esprimere dissenso, satira e rabbia. Soprattutto, dobbiamo esigere che gli agenti di polizia smettano di comportarsi come esecutori politici e inizino a comportarsi come i servitori dello Stato che hanno giurato di servire”.
La folla ha invaso viale Ngong reggendo cartelli e gridando slogan come “Smettete di ucciderci”. I manifestanti hanno protestato fuori dall’obitorio, dove è custodito il corpo dell’insegnante, per poi dirigersi verso la stazione centrale di polizia, luogo del decesso di Ojwang.
Il portavoce della polizia Michael Muchiri, in una dichiarazione alla stampa, ha affermato che gli agenti sospettati sono interdetti dalle loro funzioni e riceveranno metà del loro stipendio in attesa dell’esito delle indagini. Muchiri ha promesso la massima collaborazione e “tutto il supporto necessario” per fare luce sul caso.
La morte di Albert Ojwang in detenzione giunge in un momento di crescente preoccupazione e continue tensioni riguardo al trattamento riservato agli oppositori del governo, all’operato delle forze dell’ordine nella repressione del dissenso e alle responsabilità politiche. Una preoccupazione che si estende alla tenuta dello stato di diritto e della democrazia in Kenya. Ieri, anche la Conferenza Episcopale Keniana si è espressa, rivolgendosi alla GenZ e esortandoli a “tenersi lontani” dalla violenza. I vescovi cattolici hanno chiesto ai giovani di rimanere pacifici, sottolineando al contempo l’importanza dell’unità e la richiesta collettiva di giustizia attraverso mezzi legali.
Ieri mattina, il quotidiano Daily Nation, uno dei più letti del Kenya, ha commentato l’accaduto con un editoriale dal titolo eloquente: “Albert Ojwang non è morto – è stato ucciso dallo Stato”. L’articolo afferma che “Albert Ojwang non è morto per ‘lesioni autoinflitte’. È morto a causa di una cultura di polizia corrotta e brutale che considera le vite dei giovani kenioti come sacrificabili”.
(Foto di repertorio)