Kenya, fortemente ridotta la mortalità materna negli ultimi dieci anni

di claudia

“Ho visto molte donne morire nel mio villaggio. Quando perdevano molto sangue, non si riusciva a fasciare bene le loro ferite. A volte tutto ciò che potevi fare era pregare. Era davvero pericoloso”. Sono queste le parole di Jane Bett, ostetrica che in vent’anni di servizio ha fatto nascere più di quaranta bambini a Koiban, il suo villaggio nella contea di Nandi in Kenya. Dieci anni dopo, grazie all’intervento del governo che ha messo in atto un sistema di formazione ed educazione per sensibilizzare sull’importanza del parto nelle strutture sanitarie, i numeri dei decessi sono nettamente diminuiti e le donne che partoriscono in ospedale sono il doppio. Fondamentale anche l’istituzione di un fondo, Linda Mama, “proteggi la mamma” in swahili, che copre i costi del parto e dei controlli periodici durante la gravidanza.

Buone notizie giungono dal Kenya. Nel Paese fino a dieci anni fa si registrava un alto tasso di mortalità delle madri al momento del parto, in particolare nella contea di Nandi. “Ho visto molte donne morire nel mio villaggio. Quando perdevano molto sangue, non si riusciva a fasciare bene le loro ferite. A volte provavi ad aiutare una madre ma la sua placenta si rifiutava di uscire e tutto ciò che potevi fare era pregare. Era davvero pericoloso”. Sono queste le parole di Jane Bett intervistata dal media Aljazeera, ostetrica che in vent’anni di servizio ha fatto nascere più di quaranta bambini a Koiban, il suo villaggio nella contea di Nandi in Kenya, che ospita circa 886.000 persone. Non solo in Kenya, ma in generale in Africa orientale c’è ancora oggi una percentuale, seppure bassa rispetto a prima, circa l’11 per cento, di donne che preferisce il parto in casa, dove il rischio di mortalità per la madre e il bambino è decisamente più alta, non potendo accedere ai mezzi di una struttura ospedaliera.

Per contrastare questi numeri il governo in dieci anni è intervenuto su due punti: ha coinvolto in prima persone le levatrici e le ostetriche formandole affinché fossero in grado a loro volta di educare le future mamme sull’importanza di un parto in ospedale. Jane Bett è una di loro e negli ultimi anni si è battuta in prima persona per salvare centinaia di mamme, portandole in ospedale di persona in motocicletta qualora ci fosse urgenza. Come lei non solo le ostetriche, ma anche volontari/e che gratuitamente si sono messi in prima linea gratuitamente per fermare delle morti evitabili. “Abbiamo i nomi e le posizioni di tutte le donne incinte che vivono in ogni sub-contea”, spiega Hellen Murei, caposala in una clinica per la salute materna a Nandi. “Se una donna non si presenta all’appuntamento programmato dal medico, proveremo a chiamarla al telefono. Se non riusciamo a raggiungerla telefonicamente, contatteremo il suo capo villaggio, che sa dove vivono tutti gli abitanti del suo villaggio, e lui ci aiuterà a fare una visita porta a porta”.

In secondo luogo il governo ha messo in atto un piano che si chiama Linda Mama, “proteggi la mamma” in swahili, piano che ha ridotto drasticamente le morti materne. Si tratta di un fondo che copre i costi del parto e dei controlli periodici durante la gravidanza. Molte donne infatti non si sottoponevano alle cure mediche per la mancanza dei soldi necessari.

Oggi la percentuale di donne che partoriscono in presenza di un assistente al parto qualificato è quasi raddoppiata, dal 37% nel 2017 al 69,5% nel 2021, secondo il Kenya Health Information System (KHIS). Da migliorare ancora è la qualità delle attrezzature mediche che, riporta Aljazeera, non sempre sono ottimali. Secondo Dan Okoro, consulente dell’UNFPA, “oggi oltre l’80% delle morti materne in Kenya è dovuto a cure non ottimali. Questo può includere qualsiasi cosa, dalla mancanza di attrezzature, forniture o competenze adeguate al trattamento irrispettoso dei pazienti”. Si attende una riforma del fondo nazionale di assicurazione sanitaria, promesso dal nuovo presidente eletto, William Ruto.

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