Di Stefano Pancera
È mercoledì mattina, 3 dicembre 2025, e all’Università Cheikh Anta Diop di Dakar (Ucad) la situazione è precipitata. Le forze di sicurezza hanno fatto irruzione nel campus per sedare una protesta studentesca che va avanti almeno da metà novembre, con scontri quasi quotidiani. Scudi contro pietre, lacrimogeni contro barricate: scene che richiamano i momenti più tesi della storia recente senegalese, ma che hanno un’origine molto concreta: il mancato pagamento delle borse di studio. Fondata nel 1957, la Cheikh Anta Diop di Dakar è la principale università del paese e accoglie decine di migliaia di studenti, tra cui molti provenienti da altri paesi africani.
Nei giorni scorsi le autorità universitarie hanno chiesto l’intervento delle forze dell’ordine per garantire la sicurezza nel campus, dopo settimane di tensioni crescenti. Dal 17 novembre gli studenti hanno moltiplicato le dimostrazioni per ottenere finalmente il pagamento degli arretrati delle loro borse di studio, con mesi di ritardo accumulati. Gli scontri hanno provocato diversi feriti, in particolare tra gli studenti, e un clima di esasperazione diffusa. Ma gli studenti dichiarano che non retrocederanno: per molti di loro, la borsa mensile rappresenta l’unica risorsa per continuare gli studi, pagare l’affitto, mangiare e comprare i libri.
Lo Stato senegalese, attraverso il Ministero dell’Insegnamento superiore, concede assegni di studio, borse, aiuti, sovvenzioni e indennità, agli studenti che soddisfano determinati criteri accademici e sociali.
Quest’anno però la gestione delle iscrizioni e delle liste degli studenti, in particolare dei master, è stata segnata da ritardi: la Direzione delle borse ha annunciato che molti beneficiari sarebbero stati pagati solo a dicembre, includendo gli arretrati di ottobre e novembre. Aspettare fino a dicembre significa vivere per mesi senza entrate in un contesto di inflazione e caro-vita che rende quelle somme tutt’altro che accessorie. Senza quei soldi, molti non possono letteralmente permettersi di restare all’università.
Il 25 novembre, il ministro dell’Insegnamento superiore Daouda Ngom ha incontrato rappresentanti degli studenti per discutere dei ritardi nei pagamenti e delle iscrizioni tardive, promettendo soluzioni e annunciando fra l’altro misure di digitalizzazione delle procedure. Ma per gli studenti in protesta queste rassicurazioni non bastano. Sui social, un leader studentesco ha lanciato un appello diretto: Ousmane Sonko deve “spegnere il fuoco”, chiedendo al primo ministro di intervenire personalmente per calmare la situazione. In meno di due anni Sonko è passato dal ruolo di oppositore nelle piazze a quello di capo del governo sotto la presidenza di Bassirou Diomaye Faye, dopo la vittoria elettorale di Pastef alle legislative del 2024, che gli ha consegnato la maggioranza parlamentare.
Il percorso di Sonko verso il potere è stato accompagnato da una forte mobilitazione giovanile e studentesca, con l’Ucad spesso in prima linea nelle proteste che tra il 2021 e il 2023 hanno scosso il Senegal, fino alla chiusura dell’università nel giugno 2023 dopo violenti scontri legati alla sua condanna. Oggi però quegli stessi campus che avevano visto in Pastef un vettore di rottura con il passato si trovano a contestare un governo probabilmente sempre meno percepito come fedele alleato.
Il contesto economico rende la crisi ancora più esplosiva. Un audit sui conti pubblici avviato dal nuovo governo ha fatto emergere l’esistenza di un “debito nascosto” accumulato sotto la presidenza di Macky Sall, stimato in circa 7 miliardi di dollari e successivamente confermato anche dal Fondo monetario internazionale. A causa di queste irregolarità e delle tensioni con le nuove autorità, il programma del FMI da 1,8 miliardi di dollari per il Senegal è stato congelato, dopo che una parte consistente dei fondi era già stata erogata. In questo scenario di forti vincoli di bilancio, anche il pagamento puntuale delle borse di studio diventa un nodo politico e sociale centrale, che mette sotto pressione un governo nato proprio dalla promessa di giustizia economica per i giovani.



