di Andrea Spinelli Barrile
Il Ritz-Carlton, la catena alberghiera di lusso della Marriott si trova nel mirino di una causa legale intentata dal direttore del Maasai conservation institute del Kenya. La disputa è solo l’ultima del suo genere nelle praterie dell’Africa orientale, dove il turismo di lusso convive sempre peggio con i pastori Maasai e i grandi animali.
Il direttore del Maasai conservation institute del Kenya, Meitamei Olol Dapash, ha annunciato di aver intentato una causa legale contro Ritz-Carlton, la catena alberghiera di lusso della Marriott, che venerdì ha aperto un lodge safari nella riserva del Maasai mara, in Kenya. Lo riportano i media keniani che, citando Dapash, spiegano che questo albergo di extralusso danneggerà uno degli ecosistemi più rinomati al mondo.
Gli ospiti pagheranno cifre da capogiro: almeno 3.500 dollari a persona per le suite con terrazze private con vista sul fiume Sand, a un passo dal confine con la Tanzania, ma questa cifra può salire fino a 10.000 dollari a notte per i clienti più facoltosi ed esigenti. L’idea di realizzare un logde in quel posto è semplice, geniale da un punto di vista imprenditoriale e allo stesso tempo rischioso: a pochi metri da questa struttura infatti c’è un importante punto di attraversamento del fiume Sand, un corridoio migratorio cruciale e naturale per centinaia di migliaia di animali selvatici, tra cui zebre e bufali, che unisce il Maasai mara in Kenya con il Serengeti in Tanzania, la rotta principale delle cosiddette “grandi migrazioni”.
Dapash sostiene che il sito turistico ostruisce il corridoio migratorio: “Quello era l’ultimo punto di attraversamento. Ci sono altri punti nel mezzo, ma non puoi dire agli gnu: ‘Oggi attraverserai il fiume di sabbia al centro o a sud rispetto a dove lo facevi prima’, o cose del genere. Questa è una rotta che gli animali hanno seguito nel corso degli anni e che avrebbe dovuto essere rispettata” nella realizzazione di un complesso turistico ad alto impatto.
Nella sua causa legale contro il Ritz-Carlton, il suo proprietario Marriott, lo sviluppatore locale del progetto e le autorità keniane, Dapash sostiene che non vi siano prove che sia stata condotta una valutazione di impatto ambientale prima di realizzare il progetto di hotellerie di lusso.
Il lodge, 260 chilometri ad ovest di Nairobi, 5 ore e mezza di auto dalla capitale keniana, si chiama Masai mara safari camp ed è immerso tra alberi rigogliosi nel cuore della Riserva nazionale del Maasai mara del Kenya: nonostante il nome, è una struttura che va molto oltre il termine “camp”: come riporta il sito web della struttura, questa “fonde armoniosamente lusso, autenticità e avventura per creare momenti unici nella vita”. Unici ed esclusivissimi: 20 suite appena con terrazze private, piscine, servizio di maggiordomo personalizzato e viste mozzafiato, l’idea che emerge dalla narrativa che la stessa Ritz-Carlton fa della sua struttura è quella di ricchissimi turisti intenti a sorseggiare tangawizi in cristallo sulla propria terrazza da migliaia di dollari mentre guardano passare sotto di se gli animali selvatici intenti a migrare verso il Serengeti, come dal balcone di casa si osserva il traffico sciamare sotto i propri piedi. Ma non solo: ristoranti di lusso, una “cantina esclusiva” che promette grandi bevute di lusso all’utenza, trattamenti di benessere e un piccolo museo fotografico. La camera più piccola, si legge sul sito della struttura, ha una calpestabilità di 153 metri quadri.

In una nota in risposta alle accuse di Dapash, Marriott ha giurato di essere impegnata a “rispettare l’ambiente” e ha chiarito che il suo costruttore “locale” ha ottenuto tutte le autorizzazioni necessarie per realizzare la struttura e che le autorità keniane hanno condotto una valutazione dell’impatto ambientale, che ha stabilito che il sito non era un punto di attraversamento per la fauna selvatica. Secondo Reuters, il governo della contea di Narok e la National environment management authority, anch’essi citati da Dapash come co-responsabili nella sua causa legale, non hanno risposto alle richieste di commento.
La disputa è solo l’ultima del suo genere nelle praterie dell’Africa orientale, dove il turismo di lusso convive sempre peggio con i pastori Maasai e i grandi animali. In particolare, le comunità umane locali di Maasai sostengono che l’espansione del settore turistico sta gravemente minacciando il loro ambiente e il loro stile di vita: “Se si osserva il comportamento dell’industria turistica si nota che continuano a comportarsi allo stesso modo: molestano la fauna selvatica, escono dalle piste” e, in poche parole, fanno come vogliono. Allo stesso tempo le comunità Maasai sostengono che i loro membri non vengano coinvolti e non beneficino in alcun modo dell’industria del turismo, ad esempio come guide o esperti del territorio: oneri senza onori, “non sono minimamente coinvolti in questo settore” ha spiegato Dapash, i cui avvocati hanno chiesto al Tribunale per l’ambiente e il territorio di Narok di sospendere l’apertura del lodge e di esaminare il caso giudiziario in via prioritaria perché, visto l’impatto generale, ha carattere d’urgenza.



