27/01/2014 – Centrafrica – Nominato primo ministro, non si fermano vendette incrociate

di AFRICA

 

E’ attesa entro le prossime 24 ore la formazione di un governo di transizione dopo la nomina, nel fine settimana, del nuovo primo ministro, André Nzapyeké, già segretario generale della Banca di sviluppo africana e con una lunga esperienza nella finanza. “La sicurezza sarà la mia priorità. Il futuro esecutivo avrà anche come mandato l’organizzazione delle elezioni in tempi accettabili. Ma ciò non sarà possibile senza sicurezza” ha detto il tecnocrate, di confessione cristiana. In conferenza stampa congiunta con la neo presidente di transizione Catherine Samba-Panza, i due massimi dirigenti del Centrafrica hanno insistito sull’urgenza di “dialogare con tutte le fazioni rivali per porre fine alle atrocità, ristabilire l’ordine pubblico, la pace e la riconciliazione nazionale” in un paese profondamente ferito dalle violenze.

Una dichiarazione di intenti e allo stesso tempo un appello, rimasto inascoltato. Dopo alcuni giorni di ‘tregua’ la scorsa settimana, sulla scia delle speranze suscitate dall’elezione alla presidenza della Samba-Panza, attacchi, rappresaglie e saccheggi si sono verificati nella capitale e in più località dell’ovest e del nord.

Nella capitale i quartieri più ‘caldi’ sono quelli a maggioranza musulmana o abitati da popolazione mista musulmana e cristiana. L’epicentro delle ultime violenze ai danni della comunità musulmana è la zona settentrionale del Pk-12 e Pk-13, da dove sono scappati migliaia di civili e dirigenti dell’ex coalizione ribelle Seleka, rifugiatisi nel vicino Ciad, scortati dalle truppe di N’Djamena della Missione internazionale di stabilizzazione del Centrafrica (Misca). Anche al Pk-5, il ‘polmone economico e commerciale’ della città, miliziani Anti-Balaka e semplici banditi continuano a saccheggiare i negozi dei musulmani. Il disordine ha contagiato il vicino quartiere di Miskine, dove combattenti ex Seleka hanno esploso colpi d’arma da fuoco contro i soldati burundesi, ruandesi e guineani della Misca. Nella stessa zona nove civili sono stati uccisi in violenze intercomunitarie. Un altro focolaio di tensione si trova a sud della capitale, nei pressi del campo Kasai, dove sono stati accantonati centinaia di ex ribelli Seleka. Venerdì è stato assassinato da miliziani Anti-Balaka un ex ministro di confessione musulmana, Joseph Kalité, personalità vicina all’ex capo di Stato destituito Michel Djotodia, ora esiliato in Benin.

Il deteriorarsi della situazione nei quartieri di Bangui abitati dalla comunità musulmana (minoritaria) è stato confermato anche dagli imam della Grande moschea del Pk-5, al centro della capitale. Il secondo imam, Walidou Bachirou Modibo, ha denunciato “l’estensione delle violenze gratuite nei confronti dei cittadini musulmani”, accusando le forze incaricate del mantenimento della sicurezza, in particolare le forze straniere (i soldati francesi dell’operazione Sangaris e africani della Misca, ndr), “che sulla carta dovrebbero proteggerci, di complicità passiva nei trattamenti crudeli e disumani inflitti ai nostri fedeli”. Da settimane le autorità religiose musulmane come quelle cattoliche e protestanti sono impegnate in mediazioni e dialogo all’interno delle comunità per bloccare la spirale di vendette incrociate. “Cerchiamo di calmare gli animi ma siamo giunti a un punto in cui temiamo di non poter più controllare le reazioni dei giovani musulmani in risposta alle provocazioni e future violenze” ha avvertito l’imam Modibo.

Anche l’organizzazione Amnesty International ha criticato le forze internazionali per “mancata protezione dei civili musulmani, pur sapendo che sarebbero stati facili vittime degli Anti-Balaka”. Lo stesso comandante della Misca, il generale Mokoko, ha riconosciuto che “ci troviamo in una fase difficile, nella quale non riusciamo a proteggere la popolazione in una città grande come Bangui ma con soli 5000 uomini a disposizione, senza poliziotti né gendarmi”.

Fuori dalla capitale la situazione è altrettanto caotica, con vaste proporzioni di territorio sotto il controllo dei capi delle due fazioni rivali. Dopo mesi di violenze e attacchi armati, la città occidentale di Bocaranga, 45 km dal confine col Camerun, si è svuotata dai suoi 16.000 abitanti, rifugiati nelle foreste circostanti. L’ultimo episodio risale a pochi giorni fa, quando una decina di ribelli ex Seleka ha assaltato la missione locale, uccidendo tre persone e commettendo saccheggi su vasta scala. Nelle ultime settimane operatori umanitari e sanitari hanno confermato che decine di persone hanno perso la vita in scontri e attacchi commessi sia da esponenti Seleka che dai miliziani di autodifesa Anti-Balaka nella località di Bouar, Bossambélé, Boyali, Boali, Sibut, Bozoum e Beloko.

Da Washington è arrivato un monito a “tutti quelli che continuano a destabilizzare il paese, agendo soltanto nel proprio interesse e incoraggiando le violenze”: il segretario di Stato John Kerry ha annunciato “sanzioni mirate” nei loro confronti. La presidenza statunitense, ha aggiunto Kerry, considera le nuove autorità come “un’opportunità data al popolo centrafricano per ricostruire la società e ristabilire la sua tradizione di tolleranza”. Il conflitto in corso dallo scorso marzo ha già causato più di 2000 vittime, costringendo alla fuga metà della popolazione centrafricana. – Misna

 

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