16 giugno 1976: da Soweto al futuro dell’Africa

di claudia

di Stefano Pancera

Il 16 giugno 1976 migliaia di studenti neri scesero in piazza a Soweto contro l’apartheid, accendendo la scintilla della rivolta giovanile in Sudafrica. Quello spirito di lotta continua oggi in tutto il continente, da Nairobi a Kinshasa.

Il 16 giugno 1976 è una data scritta nella memoria collettiva del Sudafrica e dell’intero continente africano. In quel giorno, nella township di Soweto, a sud-ovest di Johannesburg, oltre 20.000 studenti neri scesero in strada per opporsi pacificamente a una delle misure più odiose del regime di apartheid: l’imposizione dell’afrikaans come lingua obbligatoria d’insegnamento nelle scuole frequentate dai neri, affiancata all’inglese. Una lingua che per molti studenti e insegnanti era estranea, percepita come l’idioma dei carnefici, il simbolo dell’oppressione bianca. Oggi come ieri: da Soweto a Nairobi, gli studenti africani continuano a lottare.

La manifestazione era stata organizzata dalla South African Students Movement (SASM), con il supporto del Black Consciousness Movement, ma la repressione fu immediata e spietata. La polizia aprì il fuoco su cortei di adolescenti disarmati. Quel giorno, e nei mesi successivi, si contarono oltre 170 morti, secondo alcune fonti anche più di 600, molti dei quali minorenni.

Il volto simbolo della rivolta divenne quello del tredicenne Hector Pieterson, uno dei primi ad essere colpiti a morte, immortalato nella celebre fotografia di Sam Nzima: il suo corpo agonizzante trasportato tra le braccia dello studente Mbuyisa Makhubo, mentre la sorella Antoinette correva accanto a loro, divenne il grido visivo dell’ingiustizia sudafricana. Ma il 16 giugno 1976 non fu solo una tragedia. Fu un punto di svolta storico.

Fino a quel momento, il movimento anti-apartheid era in gran parte confinato all’esilio o agiva nella clandestinità. Dopo Soweto, la ribellione dei giovani accese un’ondata di proteste in tutto il Sudafrica e scatenò un effetto domino che travalicò i confini nazionali. Per la prima volta, la comunità internazionale reagì con forza, imponendo crescenti pressioni diplomatiche ed economiche sul regime bianco di Pretoria.

La rivolta di Soweto segnò anche una nuova fase di politicizzazione della gioventù nera. Migliaia di giovani si unirono all’ANC (African National Congress) e ad altri movimenti clandestini; molti fuggirono nei Paesi vicini per ricevere formazione militare. Le township divennero focolai di resistenza quotidiana, anche attraverso la cultura: musica, poesia, teatro divennero strumenti di lotta e denuncia. Soweto, da periferia marginalizzata, divenne il cuore della lotta per la libertà.

Quasi cinquant’anni dopo, quello spirito ribelle continua costantemente a manifestarsi in altre forme e in altri contesti. In Kenya, dove i giovani sono scesi in piazza a Nairobi pocho giorni fa, chiedendo giustizia per la morte del blogger e insegnante ventunenne Albert Omondi Ojwang, arrestato l’8 giugno 2025 a Homa Bay per aver criticato il vice capo della polizia su X. Le manifestazioni hanno preso vita sui social – con hashtag come #StopKillingUs – e in strada, dove i dimostranti hanno affrontato la polizia che ha risposto con gas lacrimogeni e cannoni ad acqua .

Mai come oggi è attuale lo slogan di quegli studenti sudafricani: “Senza di noi, niente su di noi.”

In Zimbabwe, studenti e docenti protestano per l’aumento delle tasse scolastiche e la militarizzazione dei campus. In Nigeria, le università sono paralizzate da scioperi continui, e i giovani lottano per spazi di libertà e futuro. Anche nella Repubblica Democratica del Congo, le tensioni nei campus riflettono lo scontro tra nuove generazioni e vecchie élite politiche.

Nel 1994, quando l’apartheid cadde definitivamente e Nelson Mandela fu eletto presidente, quella generazione di giovani studenti fu riconosciuta come una delle protagoniste decisive del cambiamento. Il 16 giugno è oggi celebrato come Giornata della Gioventù in Sudafrica, in onore di quei ragazzi che sfidarono la paura per reclamare un’istruzione libera e giusta.

Quei ragazzi non hanno marciato per essere celebrati, ma per cambiare il mondo. E quel mondo, ha ancora bisogno del loro coraggio.

Foto di apertura: Hector Pieterson, immortalato da Sam Nzima

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