di Giulia Beatrice Filpi
Negli ultimi giorni si sono succeduti due gravi incidenti che hanno caratterizzato la rotta migratoria africana più percorsa, la rotta orientale. Secondo il progetto Missing Migrants dell’OIM, più di 1.300 migranti sono morti per annegamento sulla rotta orientale nell’ultimo decennio.
Una “settimana d’inferno” si è appena conclusa lungo la rotta orientale, che vede ogni anno migliaia di persone attraversare il goldo di Aden partendo dal corno d’Africa per arrivare in Yemen, diretti successivamente in Arabia Saudita o in altri Paesi della regione.
Negli ultimi giorni si sono succeduti due gravi incidenti: prima, domenica, il naufragio di un’imbarcazione con oltre 150 persone, in gran parte etiopi, nelle acque al largo di Abyan e poi, martedì, i soccorsi di un’altra barca che trasportava, oltre a circa 250 passeggeri ancora vivi, in maggioranza donne e bambini, i corpi di sette persone etiopi morte di fame e di sete. Il viaggio, che era partito dalla città somala di Bosaso verso il porto di Lahj, e la cui durata prevista era di 24 ore, si è protratto per sette giorni a causa di un guasto al motore che ha costretto i passeggeri a navigare con il vento e a remi: “una settimana d’inferno”, l’ha definita l’Organizzazione internazionale per le migrazioni.
“È un campanello d’allarme per tutte le parti coinvolte, che devono intensificare la risposta umanitaria per salvare vite umane, migliorare le operazioni di ricerca e salvataggio e affrontare i fattori che determinano la migrazione irregolare”, ha affermato in un comunicato relativo al secondo incidente Abdusattor Esoev, capo dell’Oim in Yemen. “Rinnoviamo il nostro appello per percorsi migratori sicuri e regolari, per una migliore ricerca e salvataggio, per la protezione dei sopravvissuti e dei migranti in situazioni di vulnerabilità e per il sostegno alle loro famiglie”.

I funzionari dell’Oim hanno avvertito che tragedie di questo tipo continueranno a verificarsi, poiché i migranti vulnerabili intraprendono viaggi sempre più pericolosi lungo la rotta orientale. Lo Yemen, nonostante la crisi umanitaria causata dal conflitto in corso, continua a fungere da punto di transito per i migranti in cerca di opportunità economiche nei paesi del Golfo.
Alla fine di ottobre 2024, i movimenti monitorati dall’Oim in uscita dall’Etiopia lungo la rotta orientale hanno superato tutte le uscite del 2023 (184.701), con un aumento totale dei movimenti in uscita del 27% tra il 2023 e il 2024 (234.015). Mentre le uscite attraverso il Sudan sono diminuite del 93% tra il 2023 e il 2024, nello stesso periodo il numero di movimenti in uscita dall’Etiopia è in considerevole aumento. I flussi dal Tigray sono più che raddoppiati (+112%), superando le 70mila persone. Anche i movimenti in partenza dalle regioni di Hareri (+41%), Amhara (+15%) e Oromia (+7%) sono aumentati lo scorso anno.
In un sondaggio sulla rotta orientale condotto alla fine del 2024 dal Mixed Migration Centre, su un campione di 346 persone che avevano affrontato il tragitto, più della metà degli intervistati (57%) ha dichiarato che la scelta di lasciare il proprio Paese è stata il frutto di una decisione autonoma, piuttosto che guidata da condizionamenti esterni. Anche se il 9 per cento degli intervistati ha dichiarato di essere stato convinto da trafficanti, la motivazione principale dei viaggi sembra essere stata, generalmente, la speranza di migliorare la propria condizione economica
Oltre ad essere la rotta migratoria africana più percorsa, la rotta orientale è ampiamente considerata la più pericolosa, in quanto i migranti si trovano in situazioni di pericolo di vita e sono esposti a violenze, abusi e sfruttamento.
Secondo il progetto Missing Migrants dell’OIM, più di 1.300 migranti sono morti per annegamento sulla rotta orientale nell’ultimo decennio: con circa 400 morti, l’anno scorso è stato il più letale mai registrato finora.


