Più di 30.000 sudsudanesi sono entrati nelle ultime settimane in Repubblica Democratica del Congo per sfuggire ai combattimenti in corso nel loro Paese. Lo riferisce Radio France Internationale (Rfi), segnalando una crescente crisi umanitaria nel territorio di Aru, nella provincia nordorientale dell’Ituri.
I rifugiati, in gran parte donne e bambini, si sono stabiliti nella chefferie di Kakwa, spesso in condizioni di estrema precarietà. I primi arrivi risalgono a marzo, quando circa 10.000 persone avevano varcato la frontiera. Da allora, il flusso è aumentato rapidamente, aggravando la pressione sulle comunità locali e sulla capacità di risposta umanitaria.
Secondo Medici Senza Frontiere (Msf), molte delle persone fuggite hanno perso tutto: le loro abitazioni sono state distrutte e sono state costrette a nascondersi nella foresta prima di attraversare il confine. Ora vivono senza beni essenziali, esposti alle intemperie e ai rischi sanitari. “Sono estremamente vulnerabili al paludismo”, ha dichiarato a Rfi Frédérique Manantsao, capo missione di Msf nella zona. “Non hanno zanzariere né alcuna forma di protezione, e con l’inizio della stagione delle piogge ci aspettiamo un picco dei casi di malaria”. Secondo i dati forniti dall’organizzazione, circa il 70% delle persone visitate dalle cliniche mobili presenta sintomi di malaria, mentre i tassi di malnutrizione infantile sono preoccupanti.
Le autorità locali hanno lanciato l’allarme: inizialmente i rifugiati erano ospitati da famiglie congolesi, ma la situazione è rapidamente diventata insostenibile. Oggi migliaia di persone vivono in campi informali, privi di latrine e di accesso ad acqua potabile. Inoltre, la loro vicinanza alla frontiera sudsudanese solleva preoccupazioni legate alla sicurezza.
Le organizzazioni umanitarie chiedono un intervento urgente per garantire assistenza sanitaria, protezione e accesso ai beni di prima necessità, in un contesto reso ancora più fragile dalla cronica instabilità della regione dell’Ituri.