L’Africa e i dazi di Trump, in gioco c’è anche la sicurezza alimentare

di claudia

di Maria Scaffidi

Dal 1° agosto gli Stati Uniti impongono nuovi dazi sulle importazioni dai Paesi africani. Il Sudafrica, colpito da un dazio del 30%, lancia l’allarme sull’impatto sul proprio sistema agricolo.

Che succederà con i dazi di Trump? Da oggi 1 agosto, infatti, i Paesi africani dovrebbero essere soggetti all’imposizione di nuovi dazi sulle importazioni da parte degli Stati Uniti. Washington ha annunciato una serie di accordi, tra cui quelli con l’Unione Europea, il Giappone e il Regno Unito, ma nessuno con i Paesi africani.

Secondo l’ormai famosa lavagna mostrata da Donald Trump qualche tempo fa, la maggior parte dei Paesi dovrà affrontare una tassa base del 10% sulle esportazioni, ma alcuni dovranno pagare dazi più elevati. Il Lesotho, per esempio, avrebbe dovuto pagare un’imposta del 50%, la più alta in Africa, cosa che aveva spinto il Paese a dichiarare lo stato di emergenza per la minaccia alla sua industria tessile. All’ultimo minuto però Trump ha deciso per un più sopportabile 15%.

Il Sudafrica, la più grande economia del continente, dovrà pagare un dazio del 30% sulle sue esportazioni. Pretoria ha dichiarato che i suoi funzionari stanno ancora cercando di raggiungere un accordo commerciale. Sorte migliore è toccata all’altra grande economia africana, quella nigeriana, che sarà interessata da dazi al 14%.

Il ministro dell’Agricoltura del Sudafrica, John Henry Steenhuisen

In una intervista esclusiva ad Africa e Affari, raccolta questa settimana al Vertice delle Nazioni Unite sui sistemi alimentari (UNFSS+4) che si è tenuto ad Addis Abeba, il ministro dell’Agricoltura del Sudafrica, John Henry Steenhuisen, parlando dell’impatto che le politiche commerciali e internazionali di Washington possono avere sui sistemi alimentari, ha detto: “Lo scenario che ci si prospetta davanti è molto inquietante. Prendiamo ad esempio il Sudafrica che dall’1 agosto si ritroverà un dazio del 30% su tutti i propri prodotti. E’ ovvio che questo avrà enormi implicazioni per il nostro settore agricolo. Non si tratta solo di esportazioni, ma anche della possibilità per i produttori locali di produrre cibo. Le aziende agricole per mantenere le loro attività dipendono anche dalla redditività dei mercati esterni. Quindi, se perdono i mercati esterni, è molto più difficile per loro assumere personale e tenere aperte le porte anche sul fronte interno”. Nel Vertice di Addis Abeba è emerso chiaramente che le sfide sui sistemi alimentari locali e globali siano molto simili a qualsiasi latitudine e a qualsiasi livello di ricchezza e che quindi per risolverle sia fondamentale concordare mosse comuni.

“Credo – ha evidenziato ancora il ministro – che il governo Trump abbia stravolto il commercio mondiale. Le questioni commerciali erano sempre state risolte attraverso l’Organizzazione mondiale del commercio (Omc). Oggi la nuova politica commerciale passa per una lettera dalla Casa Bianca o per un tweet su Truth. Ovviamente questo ha gettato il sistema commerciale mondiale nel caos. E credo che il modo in cui lo affronteremo nei prossimi quattro anni sarà molto importante per i nostri sistemi alimentari e per la sicurezza alimentare in tutto il mondo”.

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