La prolungata chiusura del confine tra Burundi e Ruanda alimenta la povertà

di claudia
ruanda burundi

di Céline Camoin

La chiusura prolungata del confine tra Burundi e Ruanda, imposta da Gitega a causa delle accuse contro Kigali di sostenere gruppi ribelli, ha innescato una grave crisi socio-economica nelle regioni settentrionali del Burundi.

La prolungata chiusura del confine tra Burundi e Ruanda sta gettando le regioni di confine settentrionali del Burundi in una crisi socio-economica senza precedenti. A lanciare l’allarme è Sos Medias Burundi, che ricorda relazioni tese tra Burundi e Ruanda da diversi anni, e la chiusura, su ordine di Gitega, delle frontiere terrestri, accusando Kigali di sostenere gruppi armati ostili al governo burundese, in particolare il Red-Tabara, un movimento ribelle con sede nella Repubblica Democratica del Congo.

Dalla rottura tra Gitega e Kigali, il commercio transfrontaliero, un tempo essenziale per la sopravvivenza di migliaia di famiglie, si è completamente arrestato. In queste aree rurali, (Bugabira, Ntega, Busoni e Nyamurenza) il commercio informale su piccola scala è crollato, privando gran parte della popolazione della sua principale fonte di reddito. “Trasportavamo polli da vendere in Ruanda e tornavamo con abiti di seconda mano da rivendere nei mercati locali. Tutto il nostro sostentamento è scomparso”, ha deplorato un commerciante di Nyamurenza.

Questo commercio, svolto in gran parte da donne, era un pilastro dell’economia locale. La sua improvvisa scomparsa ha portato a un impoverimento diffuso, esacerbando le vulnerabilità sociali esistenti.

Oltre alla crisi economica, la situazione della sicurezza è peggiorata drasticamente, afferma Sos Medias Burundi. Nell’aprile del 2024, due residenti di Bugabira hanno attraversato il confine in cerca di lavoro giornaliero in Ruanda. Da allora, non si è più avuta traccia di loro. Queste sparizioni irrisolte alimentano un clima di paura e sospetto nei confronti del Paese vicino. “Abbiamo paura di attraversare, anche solo per cercare lavoro. Non sappiamo cosa sia successo a chi se n’è andato. Il silenzio delle autorità è opprimente”, afferma un abitante di Bugabira.

burundi soldati

Molti burundesi si recavano regolarmente in Ruanda per lavorare nei campi, attratti da salari giornalieri a volte tre volte superiori a quelli pagati in Burundi. Il franco ruandese, il cui valore è stimato a quasi cinque volte quello del franco burundese, rafforzava l’attrattiva di questi lavori. La chiusura delle frontiere ha quindi privato questi lavoratori di una fonte di reddito vitale.

Di fronte a questa estrema povertà, l’abbandono scolastico sta diventando diffuso. Una Ong tedesca, Welthungerhilfe, sostiene ancora le mense scolastiche in alcune scuole, ma i suoi sforzi faticano a soddisfare l’entità dei bisogni. In questa situazione disperata, la popolazione locale chiede alle autorità burundesi di riconsiderare la loro posizione diplomatica. “Non ci occupiamo di politica. Vogliamo solo lavorare per vivere. Riapriteci la frontiera”, implora un commerciante di Ntega.

Il presidente Evariste Ndayishimiye ha ripetutamente affermato che “la pace in Burundi non può essere garantita finché alcuni Paesi confinanti ospitano nemici del popolo burundese”. Pur non menzionando esplicitamente il Ruanda, le sue dichiarazioni lasciano pochi dubbi sul bersaglio delle sue accuse.

Il Ruanda ha costantemente negato le accuse, invocando il dialogo e la normalizzazione delle relazioni bilaterali. Tuttavia, gli sforzi di mediazione regionale, in particolare quelli intrapresi dalla Comunità dell’Africa orientale (Eac), sono stati finora inefficaci: i valichi di frontiera rimangono chiusi e le speranze delle popolazioni locali sono riposte su decisioni diplomatiche che tardano ad arrivare. 

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