La migrazione delle antilopi del Sud Sudan, una meraviglia nascosta

di claudia
antilopi

Nel cuore del Sud Sudan si svolge un fenomeno naturale di proporzioni straordinarie ma poco conosciuto: la Great Nile Migration, la più grande migrazione di grandi mammiferi al mondo, che coinvolge quasi sei milioni di antilopi. Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, che ha avuto accesso esclusivo alle aree protette grazie all’organizzazione African Parks, si tratta di un movimento tre volte superiore alla celebre traversata di gnu e zebre nel Serengeti.

Le mandrie – composte in larga parte da white-eared kob (oltre 5 milioni), ma anche da tiang (300.000), gazzelle Mongalla (346.000) e reedbuck Bohor (162.000) – percorrono ogni anno una rotta complessa, influenzata dalle piogge, dalle inondazioni stagionali e dall’attività umana. Si muovono in un arco che abbraccia il Parco nazionale di Boma e, a tratti, il Gambella National Park in Etiopia. Una singola mandria può superare i 100.000 esemplari. “Questa è la più grande migrazione di grandi fauna al mondo, oceani compresi. L’intero pianeta dovrebbe stupirsi che esista”, ha dichiarato al Wall Street Journal il naturalista Mike Fay, impegnato in un censimento aereo.

Paradossalmente, i decenni di conflitti in Sud Sudan hanno avuto un duplice effetto: devastanti per la popolazione civile, ma in parte favorevoli alla fauna. L’instabilità ha infatti limitato l’espansione delle infrastrutture e scoraggiato l’insediamento umano nelle zone più remote, creando una sorta di “terra di nessuno” dove gli animali hanno trovato rifugio. In alcune aree contese, come quelle abitate dai Murle, gli scontri tra gruppi etnici hanno persino reso vaste porzioni di territorio impraticabili per le comunità locali, permettendo così alla migrazione di sopravvivere. “Avete questo spazio enorme che ha permesso alla migrazione di prosperare”, ha osservato John Vogel, responsabile del Parco di Badingilo, intervistato dal Wall Street Journal.

Tuttavia, i conflitti hanno anche alimentato il bracconaggio. Sempre più spesso i cacciatori, armati di fucili d’assalto, abbattono intere mandrie di antilopi, portando via solo la carne trasportabile in motocicletta o camion. African Parks ha contato in un solo mese il passaggio di 14.000 carcasse attraverso la città di Bor, dove ogni animale viene venduto per circa 50 dollari. “Se la caccia continua a questi livelli, un giorno i kob spariranno”, ha avvertito Ahol Othow Alama, cacciatore Anuak citato dal Wall Street Journal.

La sopravvivenza della migrazione è minacciata anche dai progetti di sviluppo petrolifero. Lo Stato, che dipende dall’export di greggio, incoraggia nuove trivellazioni in aree che comprendono porzioni del Parco di Badingilo. Per i ricercatori, le strade necessarie agli impianti rappresentano un pericolo grave: se gli animali possono attraversarle, l’apertura di vie di comunicazione facilita la caccia commerciale e l’insediamento di nuovi villaggi, spezzando le rotte naturali delle mandrie.

Nonostante le difficoltà, African Parks e i ranger sudsudanesi cercano di proteggere la migrazione, puntando più sulla sensibilizzazione che sulla repressione: convincere le comunità locali a cacciare solo per sussistenza piuttosto che per il commercio. “Alla fine dei conti sono gli animali della gente del posto. Se li gestisci in modo sostenibile, potresti avere da mangiare per sempre”, ha spiegato al Wall Street Journal Megan Claase, responsabile della conservazione di African Parks.

Il fenomeno era già stato descritto nel 1948 da Denis Zaphiro, ufficiale della Sudan Defense Force e cacciatore coloniale, come “uno degli spettacoli più straordinari d’Africa”. Oggi, avvertono i conservazionisti, la migrazione mostra segni di degrado e potrebbe ridursi drasticamente se bracconaggio, conflitti e pressioni economiche non verranno contenuti. 

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