di Andrea Spinelli Barrile
In Kenya un caso di cronaca riaccende il dibattito sulla maternità surrogata, ancora priva di una legge nazionale. Tra accuse respinte in tribunale e un vuoto legislativo persistente, la politica rimane ferma.
C’è un caso di cronaca in Kenya che ha riacceso il dibattito pubblico sulla maternità surrogata, un tema centrale in una società complessa come quella keniana e un fenomeno non regolato da alcuna legge del Paese africano.
All’inizio di settembre, una coppia di origini indiane ha presentato una denuncia contro la clinica Myra, centro di fertilità di Nairobi, che aveva permesso loro di avere un figlio tramite madre surrogata: poche settimane dopo il parto, la coppia ha ritenuto che la pelle del neonato fosse troppo scura e ha accusato la clinica di “tratta di esseri umani”. Il bambino, un maschio nato ad agosto al Nairobi South Hospital, vive attualmente con la coppia, che lo sta crescendo.
Sui media keniani Sarita Sukhija, direttrice della clinica Myra, ha chiarito che la coppia aveva seguito una procedura standard, firmando un regolare contratto. Il bambino è stato concepito con il seme del padre, un ovulo proveniente da una donatrice della comunità indiana e una madre surrogata selezionata dalla clinica.

Non esistendo in Kenya una legge che disciplini la maternità surrogata, la clinica Myra utilizza contratti di diritto privato con termini e condizioni precise: dopo il parto la madre surrogata rinuncia alla potestà genitoriale e la coppia adotta il bambino. “Nel contratto i clienti possono richiedere che il bambino provenga da un determinato gruppo in modo che assomigli a loro”, ha spiegato Sukhija, che tuttavia è stata molto reticente con la stampa e ha sempre rifiutato di consegnare il contratto alla procura di Nairobi, sostenendo che contenga dati medici sensibili.
Il vuoto legislativo complica le indagini della polizia giudiziaria, impossibilitata a ottenere la documentazione clinica. Le accuse contro la clinica e contro Sukhija — “imbroglio” e “traffico di minori” — sono state archiviate dall’Alta Corte di Nairobi la scorsa settimana. Ora alla coppia sembra restare soltanto la via della giustizia professionale. Questa settimana Sarita Sukhija dovrà infatti comparire davanti a una commissione dell’Associazione medica del Kenya, l’ordine professionale del Paese.
Intanto la politica keniana continua a rinviare il tema: per la terza volta, lo scorso novembre è stato presentato al Senato di Nairobi un disegno di legge sulle tecniche di procreazione assistita, ma non è stato approvato.



