Condanna a morte per Kabila: giustizia o eliminazione di un avversario politico?

di claudia

di Céline Nadler

Condannato a morte in contumacia l’ex presidente congolese Joseph Kabila, accusato di guidare la ribellione Afc/M23.
Il suo partito e la coalizione Fcc parlano di “processo politico” e di giustizia strumentalizzata. Una sentenza che rischia di aggravare la crisi e accendere nuove tensioni nella Repubblica Democratica del Congo.

Sotto processo in contumacia dal 25 luglio davanti all’Alta Corte Militare di Kinshasa, l’ex presidente della Repubblica Democratica del Congo (Rdc) Joseph Kabila è stato riconosciuto colpevole di tutte le accuse mosse dal pubblico ministero e condannato a morte.  Una sentenza storica per un ex capo di Stato (2001-2019), che, secondo l’accusa, è nientemeno che l’ideatore della ribellione dell’Alleanza del Fiume Congo (Afc)”, il braccio politico del gruppo ribelle armato M23. È in questo contesto che è accusato, in particolare, di casi di omicidi e stupri commessi da uomini della coalizione Afc/M23 nelle province orientali del Nord Kivu e del Sud Kivu.

Nel frattempo, il Partito Popolare per la Ricostruzione e la Democrazia (Pprd), il partito dell’accusato, ha denunciato il procedimento definendolo un “processo politico”. “Il chiaro desiderio dell’attuale dittatura è quello di eliminare un importante attore politico che è diventato essenziale di fronte alla situazione caotica di questo Paese”, ha deplorato Emmanuel Ramazani Shadary, segretario permanente del Pprd

“Questo processo non ha altro scopo che quello di mettere a tacere un uomo che ha lavorato per la riunificazione, la pacificazione e la democratizzazione del Paese. È una condanna ingiusta e motivata politicamente, volta a cancellare una voce dissenziente”, ha aggiunto Ferdinand Kambere, vicesegretario permanente del Pprd. 

Anche il Fronte Comune per il Congo (Fcc), di cui fa parte il Pprd, la sentenza dell’Alta Corte segna la “restaurazione della dittatura” e la “strumentalizzazione della giustizia per fini politici”. “Per quasi quattro anni, la Fcc ha continuato a denunciare, senza essere contraddetta dai fatti, il ripristino della dittatura e la crescente strumentalizzazione della giustizia e del potere pubblico”, ha dichiarato la coalizione in una dichiarazione firmata da Raymond Tshibanda, presidente della sua unità di crisi. Da parte sua, Emmanuel Ramazani Shadary, ex candidato presidenziale del Fcc, ha descritto la decisione come una “grande barzelletta” e una “ingiusta condanna politica”.

Alcune fonti di stampa osservano infatti che le prove che dipingono Kabila come “leader della coalizione Afc/M23” sono scarse: “Alcune uscite mediatiche e diatribe contro l’attuale presidente Félix Tshisekedi, un soggiorno a Goma, controllata dai ribelli, in primavera e uno stretto rapporto con Corneille Nangaa, ex capo della Commissione elettorale sotto Joseph Kabila”, osserva il portale Afrikarabia, aggiungendo tuttavia che i testimoni citati dalla parte civile per testimoniare sul finanziamento dell’Afc/M23 da parte di Joseph Kabila, non si sono mai presentati in aula.

Lo stesso portale analizza che la condanna a morte dell’ex presidente potrebbe aver motivazioni politiche: Kabila si era infatti avvicinato agli oppositori Moïse Katumbi e Augustin Matata Ponyo, entrambi in esilio. “Oggi, per Kinshasa, Joseph Kabila è ora classificato come ribelle. Questa condanna distrugge quindi una potenziale coalizione anti-Tshisekedi, guidata da Joseph Kabila e associata a una miriade di oppositori”, ritiene Afrikarabia.

Anche Roger Mwinihire, figura politica vicina all’ex presidente Kabila, ritiene che questa condanna potrebbe mettere in discussione tutti gli sforzi diplomatici già compiuti per trovare una soluzione pacifica e duratura alla crisi che sta dilaniando la Rdc orientale. “Ci rammarichiamo che il nostro governo non stia valutando le conseguenze delle importanti decisioni prese a Kinshasa. Ciò rischia di porre fine al processo di risoluzione pacifica della crisi politica e di sicurezza del Paese”.

In esilio da oltre due anni – nonostante sia ricomparso di recente nelle regioni orientali del Paese, sotto controllo del M23 -, non sono state rilasciate informazioni sulla posizione attuale di Kabila, 54 anni, il che rende improbabile un arresto da parte delle autorità congolesi in questa fase. 

Nella Repubblica Democratica del Congo, la pena di morte continua a essere in vigore senza essere effettivamente applicata. La moratoria sulle esecuzioni capitali è stata revocata nel 2024, ma da allora non si sono verificate esecuzioni. “La richiesta dell’Alta Corte di arrestare immediatamente Joseph Kabila ricorda altre condanne a morte emesse altrove, tra cui quelle a carico di diverse figure della ribellione Afc/M23 – ritiene il politologo congolese Bob Kabamba -. Possiamo quindi immaginare che, come le altre condanne a morte, anche questa rimarrà in Congo senza poter essere realmente eseguita.”

Nel frattempo, molti osservatori temono che questo verdetto apra un nuovo, esplosivo ciclo politico nella Rdc: in un momento in cui il Paese sta attraversando una persistente crisi di sicurezza nella parte orientale e una difficile situazione socio-economica, la decisione dell’Alta Corte potrebbe esacerbare le divisioni esistenti e radicalizzare ulteriormente il clima politico.

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