15/07/13 – R.D. Congo – Scontri alle porte di Goma, bilancio e testimonianza

di AFRICA

Gli scontri in corso da ieri pomeriggio alle porte di Goma hanno già causato 130 vittime, di cui 120 ribelli del Movimento del 23 marzo (M23) e dieci soldati regolari (Fardc): il primo bilancio ufficiale dei combattimenti ripresi a Mutaho, circa 12 km a nord-est di Goma, capoluogo della provincia del Nord Kivu (est), è stato diffuso a Kinshasa da Lambert Mende. Secondo il portavoce del governo, “da diverse settimane i ribelli e i loro alleati ruandesi stavano rafforzando le proprie posizioni nella zona”, precisando che ieri “sono stati loro ad attaccare l’esercito congolese”. Mende ha aggiunto che finora “i nostri uomini (circa 2000, ndr) hanno risposto con efficienza e bravura a questa aggressione”, assicurando che le truppe di Kinshasa sono riuscite a “riconquistare posizioni del nemico” in fuga verso Kilimanyoka, nei pressi di Kibati.

“E’ presto per poter confermare l’esattezza del bilancio governativo. Temiamo che anche diversi civili possano aver perso la vita: ieri una pioggia di ordigni è caduta su Mutaho, ma anche su Kanyaruchinya. Anche oggi sono continuati scontri all’arma pesante che ancora una volta hanno costretto migliaia di civili ad abbandonare le proprie case” dice alla MISNA Thomas d’Aquin Muiti, presidente della società civile del Nord Kivu. “Nelle ultime ore il teatro dei combattimenti si sta spostando verso Kibati, ma è ancora presto per sapere se l’esercito sta riuscendo a respingere gli aggressori” prosegue l’interlocutore della MISNA che conferma la presenza di truppe regolari di Kigali accanto ai ribelli dell’M23 ma anche di miliziani somali di Al Shabaab. “Per la popolazione, ancora segnata dalle gravi violenze di fine 2012, quando i ribelli hanno conquistato Goma e diverse località della zona, l’incubo ricomincia” conclude Muiti, denunciando “le gravi responsabilità dirette di Kigali e Kampala” nell’annoso conflitto dell’est e “le violenze e violazioni quotidiane patite anche dagli esponenti della società civile per costringerci al silenzio”. – Misna

 

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