02/05/14 – Sudafrica – “Ecco perché voteremo di nuovo Zuma”

di AFRICA

 

Tutti aspettano il presidente, ma di lui per ora c’è solo una sagoma di cartone, uno delle decine di manifesti che si possono vedere in questi ultimi giorni di campagna elettorale per le strade di Johannesburg. Mentre il suo volto sorride dal poster vicino alla chiesa “Regina Mundi” di Soweto, il leader in carne e ossa, Jacob Zuma, è poco lontano, a inaugurare un centro medico, secondo quanto sostengono le centinaia di suoi sostenitori radunati dentro e fuori dall’edificio sacro. Ma arriverà, sostengono, c’è solo da aspettare.

In apparenza Zuma non avrebbe troppo bisogno di fare campagna elettorale: nessuno dubita che sarà lui, e con largo margine, il vincitore delle elezioni generali del 7 maggio. È il capo di stato in carica e ha dietro di sé la formidabile macchina elettorale e la storia dell’African National Congress (Anc), di gran lunga il più importante dei movimenti impegnati, fino al 1994, nella lotta contro l’apartheid. Per molti, l’Anc è ancora «il partito di Nelson Mandela» e non si può neanche pensare di votare un altro movimento. Ma a Zuma vincere potrebbe non bastare: più l’Anc si allontanerà dalla soglia dei due terzi dei voti avvicinandosi alla ‘semplice’ maggioranza assoluta, più il risultato sarà percepito come un fallimento del 72enne leader zulu.

Alle prese da anni con scandali di vario tipo, Zuma punta, per ottenere la rielezione, soprattutto sul passato: “Abbiamo una buona storia da raccontare” è uno degli slogan del suo partito, al potere ininterrottamente dalla fine del governo della minoranza bianca. Ma il messaggio va rafforzato e così fuori da “Regina Mundi”, luogo simbolo della lotta anti-segregazionista, le magliette dei sostenitori dell’Anc e del suo alleato, il partito comunista (Sacp) puntano sulla commozione. “Fatelo per Mandela”, si legge, oppure “Fatelo per Hani”, il segretario del Sacp ucciso da estremisti bianchi il 10 aprile 1993. All’interno della chiesa la musica non cambia, in senso letterale: mentre aspettano il loro candidato (sarebbe dovuto arrivare alle nove, e sono quasi le undici), alcune donne provano un canto: è un inno per Oliver Tambo, grande amico di Mandela e suo compagno nella lotta politica, anche lui morto nel ‘93. Per queste donne non c’è contraddizione tra l’inneggiare a un leader del passato e chiedere il voto per un altro: “Racconta quel che Zuma ha fatto per te” dice una ragazza alla sua vicina, un’anziana signora, e l’altra non ha dubbi: “Ha fatto tutto, tutto per me! Chi lo critica è un bugiardo, mi ha dato una casa di prima classe…”.

Alla donna non sembra importare che proprio ad una casa – ben più lussuosa – sia legato l’ultimo scandalo che ha coinvolto Zuma: il rifacimento della sua villa di Nkandla, costato 246 milioni di rand (16 milioni di euro circa). Soldi pubblici, usati però anche per soddisfare bisogni privati del presidente e della sua famiglia. “Tutti facciamo degli sbagli – spiega però un uomo che si presenta come pastore di una chiesa indipendente locale – perché non siamo perfetti come Dio…”. L’importante, aggiunge “è che dopo aver sbagliato diciamo: va bene, correggerò i miei errori…”.South-Africa-zuma

Due ore dopo Zuma non c’è ancora, ma dalla chiesa continuano ad arrivare a tratti le note degli inni. Nell’attesa, un altro abitante di Soweto spiega il suo punto di vista: su Nkandla “non si può dare la colpa al presidente: toccava ad altri funzionari governativi controllare”. Il sostenitore del leader zulu è d’accordo sul fatto che questi ministri non dovrebbero più far parte del governo: “Se io pago qualcuno per un lavoro e lui non compie il suo dovere, cosa devo fare? Lo licenzio…”. Ma ci tiene a sottolineare che “Zuma non fa tutto da solo” e che la sua condotta personale, in fondo, importa poco: “non è lui che guida questo Paese, sono le politiche dell’Anc”, di cui in generale è soddisfatto.

Netto è anche il suo giudizio sui leader di opposizione: ad esempio Julius Malema, «comandante in capo» dei «combattenti per la libertà economica» (Economic freedom fighters, Eff) che punta su nazionalizzazioni e redistribuzione delle terre per attrarre il voto degli scontenti, “aveva una casa da 16 milioni: da dove ha preso i soldi?”. “Dice che può fermare la corruzione – è un’altra critica – ma come può farlo se lui stesso è corrotto, gira per il paese in Range Rover…”. Il fedelissimo di Zuma non riserva parole migliori a Mamphela Ramphele, già compagna di un altro martire della lotta anti-apartheid, Steve Biko, e al suo piccolo movimento Agang: “È una donna di una certa età e ha molti soldi: dovrebbe costruire una casa di riposo e portarci anche altri… Non ci serve un nuovo partito!”, giudica. Secondo lui la Democratic Alliance (Da), la seconda forza del Paese, un riferimento soprattutto per gli elettori bianchi “è abbastanza per fare l’opposizione: serve a dire quando si fa qualcosa di sbagliato…”. Dell’attesissimo presidente, intanto, ancora nessuna traccia: un indiano, proveniente – afferma – addirittura dalla regione del Kwa-Zulu Natal, vede che si parla del leader dell’Anc e chiede informazioni: “È vero che sta per arrivare?”. Ormai è l’una e mezza di pomeriggio: il ritardo supera le quattro ore.

Forse è a persone come lo speranzoso indiano che pensa Lucky, tassista, quando la sera, in un’altra parte della città, dice: “… sono degli stereotipi”, e per un attimo lascia il volante mimando il gesto dei paraocchi. Lucky non crede nelle campagne, lanciate di recente, che chiedono di non votare piuttosto che scegliere l’Anc: “Il voto è un diritto!”, s’indigna. Piuttosto, chiede questo trentanovenne nero “facciano come me, votino la Da” che è in un certo senso “la nostra polizia: appena l’Anc fa qualcosa di sbagliato, loro lo scrivono e lo rendono pubblico…”. Allo stesso tempo ammette che il suo è un voto di protesta: “Io sono dell’African National Congress!” afferma orgoglioso. Anche dalle sue parole emerge chiaramente che l’impopolarità del presidente non pregiudica il futuro del partito di governo: “Il tempo di Zuma – chiarisce – sarà finito dopo il secondo mandato, e il potere passerà al suo vice, Cyril Ramaphosa: è stato lui che ha negoziato con il regime dell’apartheid – ricorda il tassista – e poi è un uomo d’affari, è ricco, quindi non può rubare *  Davide Maggiore – Atlasweb

 

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