Continuano le proteste di massa in Camerun dopo l’annuncio, ieri, dei risultati delle elezioni presidenziali, che hanno decretato la vittoria del presidente in carica Paul Biya. Secondo le cronache riferite dal Journal du Cameroun ci sono state manifestazioni oceaniche, in particolare a Douala, e a Garoua ci sono stati anche morti, tre per la precisione di cui due colpiti da arma da fuoco. La casa del sindaco di Garoua e una scuola privata sono state date alle fiamme.
Nella grande città portuale di Douala invece i manifestanti hanno eretto barricate e incendiato auto, chiedendo le dimissioni del presidente Biya e lamentando brogli elettorali.
Secondo i media camerunesi, 105 persone sono state arrestate e si trovano ora trattenute nel carcere di New Bell. Sono stati segnalati saccheggi a danno di numerosi negozi.
“In un momento in cui un popolo sovrano ha riposto nuovamente la sua fiducia in me eleggendomi per un nuovo mandato, penso a coloro che hanno perso la vita prematuramente, così come alle loro famiglie, che hanno sofferto a causa della violenza post-elettorale” ha commentato Paul Biya sui suoi canali social media, commentando le proteste.
Dopo la riunione del Consiglio costituzionale, in cui sono stati annunciati i risultati delle votazioni, i sostenitori del presidente hanno organizzato festeggiamenti nella capitale e nelle regioni ma contemporaneamente le strade di molte città camerunesi si sono riempite anche di sostenitori dell’opposizione.
Le elezioni presidenziali in Camerun si sono svolte il 12 ottobre. Due giorni dopo, Issa Tshiroma Bakary, 76 anni, candidato presidenziale dell’opposizione, ha dichiarato la vittoria invitando il presidente Paul Biya, 92 anni, il capo di Stato più anziano del mondo, ad accettare la sconfitta. Il partito di Biya ha respinto la rivendicazione di vittoria di Bakary e ha accusato il candidato dell’opposizione di aver tentato di ostacolare il processo elettorale: il 25 ottobre, le forze di sicurezza hanno arrestato uno dei leader della coalizione di opposizione Unione per il cambiamento (Upc) e due leader del Movimento africano per una nuova indipendenza e democrazia (Manidem).


