Il processo di pace nella Repubblica Democratica del Congo è fermo, mentre sul terreno la violenza cresce. Dopo quasi due settimane di colloqui a Doha, nessun passo concreto è stato compiuto e i combattimenti si sono intensificati nel Sud Kivu – sugli altopiani di Uvira, Fizi e Mwenga – e nel Nord Kivu, in particolare nel territorio di Walikale.
Kinshasa e il gruppo ribelle Afc/M23 si scambiano accuse: i ribelli sostengono di essere stati attaccati dall’esercito congolese, mentre le forze armate di Kinshasa li accusano di incendi, arresti arbitrari e utilizzo di minorenni come scudi umani.
Le dichiarazioni dei leader non fanno presagire una de-escalation. Il presidente Felix Tshisekedi, pur ribadendo l’importanza dei processi di Doha e Washington, ha denunciato “i congolesi al soldo dei vicini” e promesso di combatterli “fino all’ultimo respiro”. Dal canto suo, Corneille Nangaa, coordinatore dell’Afc, ha accusato Kinshasa di preparare lo scontro, minacciando una “risposta adeguata” finché la minaccia non sarà neutralizzata.
I negoziati restano formalmente aperti, ma la distanza tra le parti appare sempre più difficile da colmare.



