Ripensare le carceri in Africa: riabilitazione, dignità e infrastrutture

di claudia

Degrado, sovraffollamento, inefficienze e trattamenti disumani: sono tante le sfide critiche che devono affrontare gli istituti penitenziari africani e che saranno l’oggetto, fino a domani, di un workshop nella capitale namibiana, Windhoek, presso l’Hilton Garden Hotel, riunendo amministratori carcerari e giudiziari di diversi Paesi anglofoni del continente.

Il quinto workshop sulle infrastrutture carcerarie in Africa (Wpia), organizzato dal Namibian Correctional Service (Ncs) in collaborazione con il Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr), l’African Correctional Services Association, la Commissione africana sui diritti dell’uomo e dei popoli e l’International Corrections and Prisons Association, si propone infatti di condividere le migliori pratiche, sviluppare soluzioni innovative e rafforzare collaborazioni concrete per migliorare le strutture carcerarie e l’efficacia operativa degli istituti penitenziari in tutta l’Africa.

“Le strutture carcerarie non dovrebbero solo servire alla reclusione, ma anche svolgere un ruolo fondamentale nel promuovere la riabilitazione e il reinserimento. Un approccio incentrato sulla persona nella progettazione e nella gestione delle carceri è essenziale”, ha osservato Jean Marcel Kavaruganda del Cicr, ricordando che il workshop offre alle parti interessate un’importante opportunità per riconsiderare il ruolo delle infrastrutture carcerarie.

“Non è un segreto che la maggior parte delle prigioni e degli istituti penitenziari in Africa siano stati costruiti per soddisfare le esigenze dell’ideologia coloniale, che era incentrata sulla custodia e non adatta alla riabilitazione”, gli ha fatto eco il ministro namibiano degli Interni, dell’Immigrazione e della Sicurezza, Lucia Iipumbu.

La fatiscenza delle strutture penitenziarie, “che le rende insicure e disumane per ospitare i detenuti – ha proseguito il ministro -, è aggravata dalla rapida crescita della popolazione carceraria osservata in molte parti del mondo, che porta a un grave sovraffollamento, ostacolando così gli sforzi riabilitativi e compromettendo la sicurezza e il benessere dei detenuti”.Secondo i dati forniti dal Circ, il tasso medio di occupazione delle strutture carcerarie africane è del 170%, condizioni che rendono normalizzazione, riabilitazione e reinserimento praticamente impossibili nel continente.

Anche il commissario generale del Ncs, Raphael Hamunyela, ha sottolineato che la mancanza di standard per le infrastrutture carcerarie africane “pone sfide a noi responsabili dei servizi penitenziari, carcerari e di correzione”.

Un punto ribadito da Jules Amoti, capo della delegazione regionale del Cicr per l’Africa meridionale: “In assenza di standard nazionali o di competenze locali, troppe strutture vengono progettate senza tenere conto delle norme culturali, delle realtà climatiche o degli obiettivi correttivi dei Paesi in cui vengono costruite”, ha osservato. Infatti, nonostante 25 Paesi africani abbiano costruito o pianificato la costruzione di circa 500 nuove prigioni nell’ultimo decennio, molte di esse non si rivelano adatte alle esigenze locali.

Dal 2010, il Namibian Correctional Service è impegnato a migliorare i servizi carcerari. Tra gli sforzi registrati dall’amministrazione carceraria namibiana, l’adozione della Strategia Correzionale per la Gestione del Rischio di Reato come quadro di riferimento fondamentale, l’emanazione del Correctional Service Act del 2012, che regola lo sviluppo di nuove infrastrutture e l’ammodernamento di quelle esistenti, progetti di costruzione e conversione di strutture come le carceri di Evaristus Shikongo, Windhoek e Hardap, così come altri progetti previsti nell’ambito del Piano Regolatore dei Progetti di Capitale.

Tuttavia, secondo un rapporto pubblicato a febbraio da una commissione parlamentare permanente della Namibia ha rilevato che gli istituti penitenziari del Paese versano in “condizioni deplorevoli”, evidenziando il sovraffollamento, infrastrutture fatiscenti e la carenza di risorse, soprattutto nelle regioni dell’Erongo e dello Zambesi.

Secondo il rapporto, alcune celle namibiane contengono tra il 200 e il 300% della loro capacità. Tra le criticità denunciate nel documento, la stazione di polizia di Katima Mulilo ospita oltre 2.000 detenuti in uno spazio progettato per ospitarne 80, mentre la stazione di polizia di Mondesa è stata dichiarata inabitabile dagli ispettori sanitari. Il rapporto ha inoltre rilevato che dal 70 all’80% dei veicoli della polizia non era operativo e che le uniformi venivano riutilizzate anche per 20 anni.

Ha inoltre segnalato carenze nutrizionali, ritardi nelle valutazioni psichiatriche e scarsa fornitura d’acqua in luoghi come il campo profughi di Osire. 

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