Libertà e diritti sempre più a rischio in Libia, le donne nel mirino delle restrizioni

di claudia
donne

L’organizzazione non governativa Cairo Institute for Human Rights Studies (Cihrs) ha denunciato, nel suo ultimo rapporto al Consiglio Onu per i diritti umani, il peggioramento della situazione dei diritti umani e l’aumento delle restrizioni alle libertà pubbliche in tutta la Libia.

Il documento sulla situazione dei diritti umani diffuso dall’organizzazione questa settimana evidenzia, in particolare, una serie di criticità negli ambiti della libertà di espressione, di associazione e dei diritti e delle libertà femminili.

A Est, per esempio, il ministero dell’Interno ha imposto l’obbligo di “un’autorizzazione preventiva di sicurezza” per qualsiasi opera artistica, prendendo di mira in particolare la musica rap per il presunto linguaggio osceno, che inciterebbe “allo sfruttamento dei minori” e alla “ribellione contro la famiglia”. Queste misure riflettono, secondo Cihrs, “una strategia continua di polizia morale”, che le autorità giustificano come necessaria per preservare i valori culturali libici e la sicurezza nazionale, accusata in realtà di servire come meccanismo per reprimere il dissenso e l’impegno civico indipendente.

Nel 2022, le autorità con sede in Cirenaica hanno introdotto inoltre un divieto di viaggio de facto per le donne sotto i 60 anni senza un tutore maschio: ogni donna libica che viaggia da sola è tenuta a compilare una dichiarazione ufficiale che fornisca le ragioni del viaggio, una spiegazione del motivo per cui viaggia da sola e i dettagli del suo itinerario.
Violazioni dei diritti umani sono state segnalate anche in Tripolitania, dove il Governo di unità nazionale (Gnu) applica un regime di licenze per la stampa e i media digitali che le dà il potere di chiudere le pubblicazioni in modo arbitrario.

Entrambi i centri di potere ricorrono inoltre ad arresti arbitrari, sparizioni forzate, intimidazioni contro attivisti, giornalisti e organizzazioni civiche, facendo leva su giustificazioni di “sicurezza nazionale” e norme di “moralità pubblica”. Il rapporto denuncia inoltre la complicità di apparati giudiziari deboli e politicizzati e l’uso di prigioni segrete e torture, oltre ai più noti abusi sistematici contro migranti e rifugiati.

Condividi

Altre letture correlate: