di Valentina Giulia Milani – foto di Tommy Trenchard / Panos Pictures
In Tanzania c’è una “Rat Academy” dove i malfamati roditori si rivelano insostituibili alleati dell’uomo. Non solo in Africa. L’olfatto è la carta vincente del “ratto gigante del Gambia”. Opportunamente addestrato, è in grado di riconoscere non solo le mine antipersona ma anche la tubercolosi. A tale scopo viene attualmente impiegato, per esempio, in Tanzania. E sono immaginabili altri settori in cui il Cricetomys gambianus può prestare la sua preziosa opera
Dopo aver ispezionato una decina di campioni di espettorato presso un laboratorio di Dar es Salaam, in Tanzania, Adriano non ha dubbi su quali di essi siano positivi alla tubercolosi (Tbc). Lunghi baffi, sguardo vispo e concentrato, è circondato da medici e biologi dai quali si distingue per il suo spiccato senso dell’olfatto. Ma anche per il suo aspetto.
Adriano è infatti un ratto gigante che, insieme ad altri suoi simili della specie Cricetomys gambianus (ratto gigante del Gambia), è stato addestrato per la ricerca della Tbc – e non solo – nella Rat Academy fondata nella città di Morogoro da Apopo, una ong belga diventata famosa proprio per l’uso innovativo dei topi giganti per scopi umanitari.
Un metodo che in ambito sanitario sta trasformando il modo in cui la Tbc, malattia batterica trasmessa per via aerea, viene rilevata e che si è dimostrato rivoluzionario in molte regioni dell’Africa subsahariana, dove la tubercolosi è endemica e dove l’accesso ai test diagnostici è limitato.

Presto e bene
Noti per il loro straordinario senso dell’olfatto, i roditori riescono a identificare rapidamente e con precisione la malattia infettiva nei campioni, superando gli ostacoli dei metodi diagnostici tradizionali che prevedono l’uso di tecniche laboriose e lunghe, come la microscopia su strisci di espettorato o i test molecolari che possono richiedere ore o addirittura giorni per dare risultati.
I ratti addestrati da Apopo possono invece analizzare 50 campioni in meno di due ore e ogni ratto è in grado di analizzare un campione in meno di dieci minuti, favorendo così la diagnosi tempestiva, fondamentale per trattare la malattia. Inoltre, «i metodi tradizionali richiedono laboratori attrezzati, personale qualificato e tempo, risorse spesso carenti nei contesti più poveri», dice uno degli addestratori.
Un altro vantaggio dell’uso dei topi nella rilevazione della tubercolosi è infatti l’efficacia in termini di costi del metodo. In non pochi Paesi africani e non solo, i sistemi sanitari sono sopraffatti, e l’acquisto di attrezzature diagnostiche costose, come i macchinari GeneXpert o i test tradizionali, può essere fuori portata. L’addestramento di un ratto rappresenta quindi una valida alternativa, costando significativamente meno dell’acquisto di strumenti avanzati.
Velocità, convenienza, ma anche spiccate capacità. I roditori sono particolarmente sensibili nel rilevare odori specifici: riescono a identificare campioni positivi di tubercolosi anche quando il batterio è presente in piccole quantità. Allenati a riconoscere specifici marcatori chimici associati ai batteri della Tbc, quando identificano un campione positivo lo grattano con energia.
Ogni campione sospetto viene verificato tre volte e, se risulta positivo, viene riportato alle cliniche. «La loro sensibilità è alta quanto quella dei microscopi, e la loro capacità di rilevare la Tbc è indipendente dallo stato Hiv», spiega Joseph Soka, responsabile del programma Tbc di Apopo, mettendo in luce un altro punto a favore dei ratti nel settore: la capacità di identificare la tubercolosi nelle persone che vivono con l’Hiv, un gruppo particolarmente difficile da diagnosticare con i metodi standard.
Lo conferma uno studio condotto da Apopo in Tanzania e Mozambico nel 2016, secondo il quale i ratti hanno ottenuto un tasso di sensibilità dell’86,7% e i risultati sono stati particolarmente promettenti proprio nel rilevare la Tbc nei pazienti coinfetti da Hiv.

Il continente della Tbc
A parlare chiaro sono poi i fatti: a Dar es Salaam i ratti addestrati da Apopo, che operano in 21 centri medici, hanno aumentato il tasso di rilevazione della tubercolosi di circa il 40%, individuando casi che altrimenti sarebbero rimasti non diagnosticati. Nei soli sei anni tra il 2013 e il 2019, i ratti detective hanno contribuito a identificare oltre 50.000 nuovi casi di tubercolosi, soprattutto in aree rurali e remote, dove la disponibilità di laboratori e tecnologie moderne è limitata.
Risultati davvero promettenti, se si considera un contesto globale in cui la Tbc resta una delle principali cause di morte infettiva, seconda solo al covid-19, e la sua incidenza è in aumento in alcune parti del mondo. Secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), nel 2022 sono stati segnalati circa 10,6 milioni di nuovi casi di tubercolosi nel mondo. Nello stesso anno la malattia ha causato 1,6 milioni di decessi a livello globale. Di questi, circa 232.000 erano di persone che vivevano con l’Hiv.
In Africa la situazione è particolarmente grave. Il continente rappresenta il 23% dei casi globali di Tbc e il 33% dei decessi legati alla malattia. Nel 2022, circa 2,5 milioni di africani hanno contratto la tubercolosi e 424.000 ne sono morti.
Anche sminatori
Ma in che modo i ratti imparano a identificare l’odore sospetto? «L’addestramento, che dura circa nove mesi, è realizzato attraverso il rinforzo positivo, come premi alimentari, per associare l’odore della tubercolosi a una ricompensa», dice un membro dello staff di addestratori mentre offre a un topo gigante un frullato di avocado e banana come ricompensa per aver identificato con successo gli obiettivi durante un’esercitazione.
Completati nove mesi di addestramento a Morogoro, dove ha sede Apopo, i ratti vengono messi al lavoro a Maputo o a Dar es Salaam e non solo.
Fondata nel 1997 con l’iniziale obiettivo di utilizzare i roditori per il rilevamento di mine antipersona, l’ong belga è infatti riuscita, dopo anni di perfezionamento, a formare una squadra di ratti altamente specializzati, che vengono utilizzati in diversi Paesi: oltre che in Tanzania, sono operativi in Mozambico, Angola e Cambogia. Hanno finora esaminato oltre mezzo milione di pazienti per la Tbc e hanno contribuito a bonificare 160.000 mine in tutto il mondo.
Il loro impiego nella diagnosi della tubercolosi ha anche aperto la strada a nuove prospettive per l’uso di animali nella salute pubblica. Un tale potenziale non poteva passare inosservato in Apopo: l’ong sta infatti esplorando nuovi campi di applicazione per i suoi ratti, che potrebbero essere utilizzati per rilevare malattie come la malaria e l’Hiv. Recentemente, l’organizzazione ha anche avviato progetti per utilizzare i roditori nel rilevamento di prodotti illegali derivanti dalla fauna selvatica nei porti marittimi, rispondendo alla crescente domanda di soluzioni innovative per combattere il bracconaggio e il traffico di specie protette.

Nuovi campi di utilizzo
E non è finita. Tra i progetti più ambiziosi c’è l’addestramento di ratti in grado di operare nelle aree di macerie, in seguito a disastri naturali come terremoti, per localizzare i superstiti intrappolati in spazi troppo angusti per i cani da ricerca o i robot. «I ratti sono piccoli, agili, e hanno un’intelligenza eccezionale che li rende ideali per destreggiarsi in ambienti ristretti e ostili, come quelli delle rovine di un edificio crollato», dice un’addestratrice mentre un gruppo di topi muniti di zaini miniaturizzati ed equipaggiati di telecamere e microfoni si muove agile nel corso di un allenamento. «I dispositivi permetteranno loro di comunicare con i soccorritori e di localizzare i sopravvissuti, offrendo una speranza concreta per la salvezza di molte vite», aggiunge.
Apopo sta ora ricevendo richieste da organizzazioni di tutto il mondo che vorrebbero impiegare i ratti per compiti diversi: dalla rilevazione della salmonella e l’identificazione di contaminazioni del suolo, alla ricerca di resti umani.
Risulta perciò evidente che, spesso visti come nemici, i ratti «possono essere anche nostri amici», per usare le parole di Pendo Msegu, responsabile del benessere dei ratti di Apopo. Se non, addirittura, eroi.



