Di Enrico Casale e Michele Vollaro
Alla luce delle dichiarazioni rilasciate nei giorni scorsi dal ministro della Difesa Guido Crosetto sull’intenzione di aumentare le missioni italiane all’estero – in particolare in Africa – riproponiamo un nostro approfondimento pubblicato a settembre, che offre un quadro chiaro e dettagliato della presenza militare italiana nel continente. Dalla Libia al Sahel, dal Corno d’Africa al Golfo di Guinea, l’Italia mantiene da anni missioni spesso poco visibili ma strategiche, dedicate all’addestramento delle forze locali, al controllo dei flussi migratori, alla sicurezza marittima e alla stabilizzazione regionale.
“Stiamo pensando di aumentare le missioni all’estero”, specialmente in Africa: lo ha detto il ministro della Difesa italiano Guido Crosetto, udito il 4 dicembre dalle commissioni Difesa di Camera e Senato circa la riforma delle Forze armate e del comparto della Difesa.
“Mi chiedete cosa ci fanno i nostri in Niger?” ha chiesto Crosetto parafrasando una domanda che molti giornalisti africanisti gli hanno fatto da quando, a settembre 2024, annunciò un suo viaggio nel Paese saheliano, mai avvenuto: “Servono a creare le condizioni affinché da quella zona del Sahel arrivino 500mila persone in meno da gestire. Quindi la nostra presenza in Africa in prospettiva sarà sempre maggiore, se noi vogliamo andare alla fonte per prevenire le cose”.
Rapporti commerciali, politici e militari: l’Italia mantiene da anni, e spesso nel silenzio dei media, contingenti in diverse aree dell’Africa. Non missioni spettacolari né interventi su larga scala, ma presenze costanti che supportano le forze locali, presidiano rotte marittime strategiche e contribuiscono al controllo dei flussi migratori. In un continente dove la competizione tra potenze esterne si fa sempre più serrata, l’Italia non gioca la carta del protagonismo ma piuttosto quella della discrezione, grazie a una presenza silenziosa ma strategica.
Dalla Libia al Niger, dalla Somalia al Golfo di Guinea, passando per Gibuti e lo Stretto di Aden: sono questi i principali fronti africani sui quali operano i soldati italiani, tra missioni internazionali e accordi bilaterali. Accanto a queste operazioni maggiori, Roma è presente anche con missioni più ridotte, come in Mozambico dov’è presente in un contesto multilaterale a guida Unione Europea, o con contributi specifici bilaterali in ambito delle Nazioni Unite o della Nato.
Sahel – Niger
L’Italia è presente in Niger con la missione Misin (Missione bilaterale di supporto in Niger), attiva dal 2018 e prorogata dal Parlamento almeno fino alla fine di quest’anno. Il decreto autorizzativo delle missioni militari all’estero per il 2025 ha approvato il dispiegamento di un contingente massimo di 550 militari, 23 mezzi terrestri e 5 aerei, per un fabbisogno finanziario annuo di 75,1 milioni di euro. Il contingente ha però subito una riduzione dopo il colpo di Stato del 2023, ma restano ancora 250 uomini, con velivoli da trasporto e mezzi terrestri.
Il nostro è oggi l’unico Paese occidentale a mantenere una presenza militare stabile, considerato un partner strategico per il controllo delle rotte migratorie e il contrasto al terrorismo jihadista. A maggio 2025, il generale Giovanni Maria Iannucci del Comando operativo di vertice interforze (Covi) ha visitato Niamey, incontrando i militari della missione guidati dal generale Giovanni Quartuccio. Durante la visita è stato presentato il Niger Aviation Medicine Expertise Center, una struttura sanitaria realizzata dal Genio militare italiano per supportare il personale italiano e l’aviazione civile locale. I paracadutisti della Brigata Folgore, con i C 27J della 46ª Brigata Aerea, hanno inoltre condotto l’addestramento per il brevetto di paracadutista militare destinato alle forze nigerine.

Corno d’Africa – Somalia
In Somalia, i militari italiani partecipano alla missione europea Eutm Somalia e collaborano con Aussom, la missione dell’Unione Africana. Il decreto di autorizzazione per il 2024–2025 stabilisce un contingente massimo di 148 militari, con 20 mezzi terrestri, impegnati nell’addestramento delle forze locali. I reparti si alternano su base semestrale, con la rotazione di reparti scelti delle forze armate.
A Gibuti, la base militare italiana di supporto “Amedeo Guillet” (dal nome dell’ufficiale italiano che durante la seconda guerra mondiale nel Corno d’Africa comandò unità di cavalleria reclutate sul posto) è stata confermata come assetto permanente, con un contingente massimo autorizzato di 93 militari, 70 mezzi terrestri e 2 aerei. La base ospita anche la missione Miadit, con un massimo di 70 carabinieri dedicati all’addestramento delle forze di polizia somale e gibutine.
Oceano Indiano – Operazione Atalanta
L’Italia mantiene anche una presenza navale nello Stretto di Aden e nell’Oceano Indiano nell’ambito dell’operazione Atalanta (Eunavfor Somalia), missione dell’Unione europea avviata nel 2008 per contrastare la pirateria al largo del Corno d’Africa e proteggere i traffici commerciali e i convogli del Programma Alimentare Mondiale. Per il 2025 il Parlamento ha autorizzato un massimo di 407 militari, 84 mezzi terrestri, 2 aerei e 1 unità navale. Le unità italiane, di norma fregate o pattugliatori, si alternano nei pattugliamenti delle rotte più esposte, cooperando con le marine di altri Paesi europei e internazionali. La base logistica italiana si trova sempre a Gibuti.
Nordafrica – Libia
La missione bilaterale Miasit, nata nel 2018, resta una delle più consistenti in Africa: il Parlamento ha autorizzato fino a 500 militari, 260 mezzi terrestri e 6 aerei, per un onere complessivo di 22,9 milioni di euro. Attualmente in Libia operano circa 400 uomini. L’operazione fornisce assistenza e supporto al Governo di accordo nazionale libico. Le attività comprendono formazione, addestramento e supporto tecnico a favore delle istituzioni libiche, sia in Italia sia in Libia, con l’obiettivo di incrementare le capacità complessive. A Misurata, in collaborazione con la Guardia costiera libica, vengono poi formati i membri della Guardia costiera locale.
Africa occidentale – Golfo di Guinea
L’Operazione Gabinia, avviata nel 2017 e tuttora attiva, è la missione navale italiana per garantire la sicurezza nel Golfo di Guinea, una delle aree più a rischio per la pirateria e gli attacchi alle navi commerciali. La proroga 2025 prevede fino a 295 militari, 2 mezzi aerei e 1 unità navale. Nel corso del 2025, la fregata Comandante Bettica ha partecipato a pattugliamenti ed esercitazioni antipirateria, collaborando con le marine locali. Il nome richiama simbolicamente la Lex Gabinia, la legge romana che affidò a Pompeo il compito di combattere i pirati nel Mediterraneo.
Africa Occidentale – Burkina Faso
Dal 2024 l’Italia ha esteso la propria presenza anche al Burkina Faso, nell’ambito della cornice Sahel. Si tratta di un dispositivo ridotto, autorizzato nell’ambito della stessa scheda missione Misin che copre il Niger, con funzioni di collegamento e sostegno all’addestramento delle forze locali. Rientra nel più ampio mandato che comprende anche Nigeria, Mali (ormai ex), Mauritania, Ciad, Senegal, Ghana, Costa d’Avorio, Guinea, Togo e Benin.

Mozambico
Dal 2021 l’Italia partecipa alla missione europea Eutm Mozambique, nata per sostenere le forze locali impegnate contro l’insurrezione jihadista a Cabo Delgado. La proroga 2025 autorizza un massimo di 61 militari, 20 mezzi terrestri e 1 aereo, con uno stanziamento di 42,7 milioni di euro per l’intera area del Corno d’Africa (in cui rientra anche questa missione). Il contingente italiano, seppur limitato, è focalizzato sull’addestramento e sulla consulenza operativa.
Tunisia
Una missione bilaterale più contenuta è attiva in Tunisia, autorizzata nella stessa scheda parlamentare dedicata al Nord Africa. Si tratta di un piccolo contingente, con funzioni di cooperazione e addestramento, in linea con l’approccio discreto italiano nella regione.
Missioni Onu e Nato
Oltre alle missioni principali, l’Italia contribuisce con piccoli nuclei a operazioni multilaterali:
- Unsmil (Onu, Libia): con personale civile e militare di collegamento.
- Nato – Framework for the South: attività di rafforzamento delle capacità dei Paesi nordafricani.
Francia e Stati Uniti stanno ridimensionando la loro presenza militare in diverse aree del continente, mentre la Russia cerca nuovi spazi d’influenza e la Turchia rafforza basi e accordi bilaterali. In questo scenario in rapido mutamento, l’Italia ha scelto una strada diversa: non l’interventismo diretto né il protagonismo mediatico, ma una presenza di sostegno, addestramento e cooperazione. Una presenza che le consente di mantenere rapporti bilaterali solidi, di garantire continuità in contesti sensibili come Libia e Sahel, e di proiettare la propria influenza su rotte marittime decisive per il commercio e l’energia.
Questa strategia della discrezione riduce i rischi di frizione con i governi africani e permette di muoversi con maggiore flessibilità rispetto alle grandi potenze. Ma al tempo stesso apre un interrogativo: fino a che punto un impegno “silenzioso” può tradursi in peso politico e diplomatico reale? È la sfida che attende l’Italia nei prossimi anni, in un’Africa sempre più centrale negli equilibri globali.



