di Céline Camoin
Il Burundi affronta una crisi socioeconomica senza precedenti. Un rapporto del collettivo di ONG Eurac denuncia un’inflazione al 38,2% , una carenza cronica di carburante e beni essenziali. La popolazione, già colpita dalla povertà diffusa, affronta un futuro incerto.
Il Burundi si trova in una situazione socioeconomica “estremamente preoccupante” nella prima metà del 2025. Lo rivela un rapporto del collettivo di Ong Eurac (Rete Europa e Africa centrale), pubblicato alla vigilia delle elezioni parlamentari e comunali, tenutesi il 5 giugno.
La crisi del carburante, iniziata nel 2022, si è aggravata con la ripresa del conflitto nella Repubblica Democratica del Congo dal novembre 2024. Questo ha causato un’impennata dei prezzi e una grave scarsità di prodotto. La carenza si estende anche a molti beni essenziali come farina, olio e bevande.
La crisi valutaria è un altro nodo cruciale, con un divario enorme tra il tasso di cambio ufficiale e quello del mercato nero: un franco burundese vale circa 2,5 volte meno del dollaro Usa, con una perdita del 60% dei fondi scambiati ufficialmente. Di fronte all’incapacità delle autorità di armonizzare i tassi, il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha interrotto la cooperazione. Il 18 gennaio 2025, l’Fmi ha sospeso un programma di aiuti da 271 milioni di dollari in tre anni, approvato nel luglio 2023 e condizionato all’attuazione di riforme. Nonostante un nuovo codice sui tassi di cambio nell’ottobre 2023 e una prima revisione positiva a gennaio 2024, il rifiuto del governo di svalutare la moneta ha bloccato i restanti 200 milioni di dollari e la sospensione di altri progetti internazionali, inclusi quelli con la Banca mondiale.
L’economia burundese, basata in gran parte sulle esportazioni agricole, è molto vulnerabile alle fluttuazioni dei prezzi globali. Circa l’80% della popolazione vive di agricoltura di sussistenza. Dal 2019, l’importazione di fertilizzanti è stata vietata in favore di un prodotto locale, monopolio della società Fertilisants Organo-minéraux Industries (Fomi), di proprietà di un membro del partito di governo Cndd-Fdd. L’azienda è spesso criticata per la scarsa qualità dei suoi prodotti e i ritardi nelle consegne.

L’inflazione elevata affligge il Burundi da anni. A dicembre 2024, la Banca centrale stimava un tasso del 36%. A inizio febbraio 2025, un litro di benzina al mercato nero è arrivato a 26.000 Fbu, pari a 9 dollari al cambio ufficiale. Questo, unito alla carenza di carburante, rende quasi introvabili prodotti come olio, zucchero e bevande. Il microcredito è paralizzato dal divario tra i tassi ufficiali (1 dollaro = 2.900 franchi burundesi) e quelli del mercato nero (1 dollaro = 8.000 franchi burundesi).
Secondo l’Eurac, la crisi economica “sembra avvantaggiare” il partito di governo Cndd-Fdd, i cui membri più influenti sono sospettati di controllare sia l’economia formale che quella informale. La mancanza di azioni contro i principali cambiavalute alimenta voci di “collusione” con funzionari politici e di sicurezza. Questa situazione è ancora più grave considerando che il Burundi è uno dei Paesi meno sviluppati al mondo. Nel 2023, solo il 16,6% della popolazione aveva accesso a cibo di qualità e in quantità sufficiente. Tra il 62% e l’87% della popolazione vive sotto la soglia di povertà nazionale, e quasi l’11% necessita di aiuti umanitari.
Il rapporto Eurac denuncia un “iperclientelismo” e un “controllo governativo” sull’economia. Gli autori ritengono che la crisi favorisca il clientelismo a vantaggio dei membri del Cndd-Fdd. Questo controllo sui flussi economici sarebbe “essenziale” per impedire ad altri di arricchirsi e diventare una minaccia per il potere in carica. “Di fatto, si tratta di uno Stato monopartitico in cui il partito al governo è considerato quello del popolo e in cui non può esistere alcuna entità tra il popolo e lo Stato”, si legge nel rapporto.
L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse) evidenzia diverse gravi “fragilità politiche” in Burundi, tra cui il clientelismo, la corruzione, le limitazioni alla magistratura e al potere legislativo, e il rischio di arresti o torture per motivi politici. Il Burundi è al 162° posto su 180 nella classifica di Transparency International sulla percezione della corruzione.
Con l’avvicinarsi delle elezioni, sono state segnalate richieste di “contributi” da parte di membri del partito di governo, paragonate a “racket” da Tlp-Burundi, una pratica diventata comune in questo periodo pre-elettorale.