Benin, storia di un golpe fallito

di claudia

di Andrea Spinelli Barrile

Le autorità del Benin hanno annunciato l’arresto di una dozzina di soldati sospettati di essere coinvolti nel fallito tentativo di colpo di Stato di domenica. Gli arrestati sono attualmente in custodia cautelare in attesa di ulteriori procedimenti giudiziari.

Secondo fonti ufficiali citate dai media locali, i soldati arrestati sono presentati come “i principali autori e complici del tentativo di rovesciamento delle istituzioni repubblicane” e gli arresti sono stati effettuati nell’ambito di un’operazione coordinata dalle Forze di difesa e di sicurezza, a seguito del ripristino dell’ordine costituzionale: “Tutti i sospettati sono in custodia dei servizi competenti e saranno processati in conformità con le leggi vigenti” si legge in un comunicato dello Stato maggiore.

Tuttavia, il comunicato non menziona il nome dell’ufficiale che più degli altri ha messo la faccia in questo golpe, il tenente colonnello Pascal Tigri, capo del gruppo Forze speciali, un’unità spesso schierata nel nord del Paese per affrontare le sempre più frequenti incursioni jihadiste dal Burkina Faso e dal Niger. Tigri, a capo di questi otto soldati che in televisione durante il golpe si sono autodefiniti Comitato militare per la rifondazione, è anche il fratello minore di Alassane, vicepresidente del partito politico Les démocrates, all’opposizione, guidato dall’ex-presidente Boni Yayi. Il partito, con una nota ufficiale diffusa domenica, ha detto di rifiutare “qualsiasi presa del potere con la forza e condanna con la massima fermezza questi atti che non onorano il nostro Paese”.

Domenica, gli ammutinati erano riusciti a mettere in custodia il capo di Stato maggiore dell’esercito beninese, Abou Issa, e il capo di stato maggiore della guardia nazionale, Faizou Gomina. Nel pomeriggio di domenica, sui social è comparsa una breve dichiarazione di Tigri, in cui adottava la retorica utilizzata in precedenza per giustificare i colpi di Stato militari in Mali, Niger e Burkina Faso, sottolineando “il deterioramento della situazione della sicurezza” nel Paese e “la promozione di alcuni militari a gradi superiori a scapito dei più meritevoli”.

Dopo il fallito colpo di Stato, il governo beninese ha ribadito il suo impegno a rispettare l’ordine costituzionale e il presidente Patrice Talon, in un messaggio alla nazione andato in onda domenica sera, ha detto che questo tentativo “non rimarrà impunito”, promettendo una ferma risposta legale a qualsiasi azione volta a destabilizzare lo Stato. Gli uomini del gruppo Forze speciali, l’unità comandata da Tigri, sono confinati nella loro base.

Le motivazioni

Entrando nella ridondante dichiarazione televisiva dei golpisti del Comitato militare per la rifondazione, anche questi soldati beninesi, come i loro colleghi golpisti saheliani, hanno indicato un punto di rottura chiaro con lo stato delle cose, un punto di rottura che ha anche un centro geografico, il nord del Benin. Nell’ultimo anno, sono decine i soldati rimasti uccisi in agguati e scontri a fuoco con i jihadisti che cercano non più soltanto rifugio e riparo dai teatri di guerra di Burkina Faso e Niger ma anche di allargare i territori da loro controllati. Ad aprile 2025, almeno 70 militari beninesi sono morti in uno scontro a fuoco con i jihadisti nel parco di W.

Il Gruppo di sostegno all’islam e ai musulmani, che ha più volte rivendicato scontri a fuoco con le Forze armate beninesi, non ha mai nascosto le sue mire espansionistiche verso i Paesi costieri del Golfo di Guinea e il Benin, da questo punto di vista, si è dimostrato molto più permeabile di altri Paesi.

Il precedente

L’ultimo tentativo di colpo di Stato, la Repubblica del Benin lo aveva subito tra il 23 e il 24 settembre 2024, poco più di un anno fa. Tuttavia, quello di allora fu un “tentativo” ben diverso da quello cui abbiamo assistito lo scorso fine settimana: Olivier Boko, un potente uomo d’affari e amico intimo del presidente beninese Patrice Talon, fu arrestato nel cuore della notte e, pochi minuti dopo, anche uno dei suoi uomini di fiducia, l’ex-ministro dello Sport Oswald Homeky, fu fermato dalla gendarmeria nella sua abitazione di Cotonou. Qui, le autorità rinvennero anche la somma di 1,5 miliardi di franchi Cfa, pari a circa 2,3 milioni di dollari, che secondo la procura beninese era destinato al colonnello Djimon Dieudonne Tevoedjre, capo della sicurezza del presidente Patrice Talon, che i cospiratori avrebbero voluto ingaggiare per guidare il colpo di stato.

A gennaio, Tevoedjre è comparso come testimone chiave durante il processo, confermando di essere stato inizialmente coinvolto da Boko e Homeky, di avere finto un accordo con loro e di avere poi informato il suo capo, il presidente Talon, del piano di colpo di stato ordito ai suoi danni: il militare, al processo, ha parlato di “un dovere di lealtà verso la Repubblica”. Un dovere che il colonnello Tévoédjrè ha espletato anche questa volta, guidando sul campo la risposta della Guardia repubblicana contro i golpisti, coordinata dal capo di Stato maggiore generale Fructuex Gbaguidi.

Il processo preposto a fare luce su quel tentativo di golpe è durato una decina di giorni e ha portato alla condanna a 20 anni di carcere per tre persone, Boko, Homeky e Rock Nieri, un imprenditore e cognato di Boko. A ciascuno di loro fu inflitta anche una multa di 4,5 miliardi di franchi Cfa, pari a circa 7,15 milioni di dollari, un totale di 60 miliardi di franchi Cfa, ovvero circa 95,36 milioni di dollari, come risarcimento per i danni arrecati allo Stato. Nieri, processato in contumacia, è ancora oggi latitante. A chi ricorda quella vicenda, viene in mente proprio il nome di Nieri, che da allora ha fatto perdere completamente le sue tracce.

Patrice Talon

La reazione

Diversamente dagli altri golpe che hanno animato la regione negli ultimi anni, questa volta le minacce dei partner, dalla Comunità degli stati dell’Africa occidentale (Ecowas) alla Nigeria, non sono rimaste soltanto tali: domenica pomeriggio, a golpe in corso e per la prima volta nella storia d’Africa, su richiesta pare del presidente beninese Talon due aerei militari dell’aeronautica nigeriana sono decollati da Lagos e intervenuti nei cieli di Cotonou con diversi attacchi a terra (le due città sono poco distanti), il principale contro la caserma della Gendarmeria dove si erano rifugiati gli ammutinati, il campo militare di Togbin, che ha permesso poi alle Forze di sicurezza beninesi di riprendere la posizione, mentre gli aerei militari nigeriani si sono limitati ad operazioni di sorveglianza. “

Accordi bilaterali di difesa” hanno spiegato entrambe le cancellerie africane implicate in questa novità assoluta nella risposta ad un tentativo di golpe, accompagnati dal dispiegamento di una Forza di pronto soccorso di Ecowas, che non veniva mandata sul campo dal 2017 (contro Yahya Jammeh, in Gambia, riluttante a lasciare il potere dopo le elezioni) nonostante le minacce dopo il golpe in Niger nel 2023. Tuttavia, tra gli stati maggiori di Sierra Leone, Costa d’Avorio, Ghana e Nigeria, solo quest’ultimo ha confermato di avere schierato truppe di terra, 200 uomini già da domenica sera, in Benin. 

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