Crisi Sahel: le proposte di 42 organizzazioni per un cambio di strategia

di Valentina Milani
soldato francese nel sahel

Una coalizione di 42 organizzazioni locali e internazionali ha presentato ieri un rapporto intitolato “Sahel, quello che deve cambiare”. Il documento vuole essere uno strumento per tutti gli attori coinvolti nella crisi che affligge la regione africana del Sahel e chiede un cambiamento di strategie nella lotta al terrorismo e alle emergenze ad esso correlate.

Quattro, i pilastri della visione della “Coalizione dei cittadini per il Sahel” (Sahel’s people coalition): collocare la protezione dei civili al centro delle azioni; creare una strategia che affronti le cause dell’insicurezza; rispondere alle emergenze umanitarie; lottare contro l’impunità e garantire l’accesso alla giustizia. Fondata nel 2020 da organizzazioni per i diritti umani, associazioni di donne, reti di avvocati principalmente da Mali, Niger e Burkina Faso, la coalizione chiede “un drastico riassetto delle priorità”.

Per 8 anni è stata data priorità all’azione militare, ma secondo gli autori del rapporto, la risposta alla sicurezza così come è stata portata avanti non ha permesso di migliorare la vita quotidiana delle popolazioni. Al contrario, spesso ha portato a episodi di violenza che hanno coinvolto civili.

I gruppi jihadisti in particolare, principalmente affiliati alla nebulosa di Al-Qaeda o all’organizzazione dello Stato Islamico (Isis), hanno continuato a crescere dall’inizio del conflitto nel nord del Mali nel 2012. Da allora la violenza si è diffusa nel paese, così come nei vicini Niger e Burkina Faso. Sono numerosi anche gli abusi da parte di gruppi di autodifesa autoproclamati, e anche quelli delle forze di sicurezza regolari.

La coalizione afferma che sono stati uccisi più civili dai soldati che avrebbero dovuto proteggerli che da gruppi armati non statali, e che il numero di civili uccisi non è mai stato così alto che nel 2020, allorché  la spesa militare è aumentata vertiginosamente negli ultimi anni.

Vera sfida per la coalizione di organizzazioni, convincere i governi della necessità di sviluppare una visione articolata intorno ai bisogni primari delle popolazioni. Il rapporto auspica un dialogo con tutte le parti in conflitto, compresi quindi i jihadisti.

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