di Simona Salvi
Donald Trump ha confermato il sostegno degli Stati Uniti alla sovranità del Marocco sul Sahara Occidentale, regione contesa tra Rabat e gli indipendentisti del Fronte Polisario sostenuti da Algeri. Ma le aziende Usa potrebbero trovarsi nel mirino di organizzazioni non governative solidali con il popolo sahrawi, come accaduto alla piattaforma Airbnb.
Il presidente americano Donald Trump ha ribadito il sostegno degli Stati Uniti alla sovranità del Marocco sul Sahara Occidentale, regione contesa tra Rabat e gli indipendentisti del Fronte Polisario sostenuti da Algeri, nel messaggio inviato a re Mohammed VI per la Giornata del trono, occasione che ha visto il sovrano esprimere la disponibilità del Marocco “a un dialogo fraterno e sincero” con l’Algeria “sulle diverse questioni in sospeso tra i due Paesi”, affermando di auspicare sul Sahara Occidentale “una soluzione consensuale, senza vincitori né vinti”.
“Ribadisco che gli Stati Uniti riconoscono la sovranità marocchina sul Sahara Occidentale e sostengono la seria, credibile e realistica Proposta di autonomia del Marocco come unica base per una soluzione giusta e duratura alla controversia”, ha scritto Trump, confermando in prima persona, per la prima volta dal suo ritorno alla Casa Bianca, la posizione annunciata al termine del suo primo mandato, nel 2020, nell’ambito degli Accordi di Abramo con cui il Marocco ha accettato di normalizzare le sue relazioni con Israele. Un sostegno già espresso nei mesi scorsi dall’amministrazione Usa: prima dal segretario di Stato Usa, Marco Rubio, incontrando ad aprile a Washington l’omologo marocchino, Nasser Bourita, quindi dall’alto consigliere del presidente americano per l’Africa, gli Affari arabi e il Medio Oriente, Massad Boulos, nella sua recente visita in Algeria, per cui gli Stati Uniti ritengono che “una vera autonomia sotto sovranità marocchina è l’unica soluzione praticabile”.

La proposta di autonomia del Marocco ha registrato negli ultimi mesi il sostegno di diversi Paesi, gli ultimi dei quali sono stati Regno Unito e Portogallo. L’Italia, in occasione del vertice intergovernativo con l’Algeria tenuto a luglio, ha invece ribadito il proprio sostegno alle Nazioni Unite. Nel suo discorso il re Mohammed VI ha evidenziato il “crescente sostegno internazionale all’Iniziativa per l’Autonomia come unica soluzione al conflitto sul Sahara marocchino”. Tuttavia, ha aggiunto, “per quanto sia orgoglioso di queste posizioni, che difendono il diritto e la legittimità, attendo con ansia di trovare una soluzione consensuale, una soluzione senza vincitori né vinti; una soluzione che salvi la faccia a tutte le parti”.
Se dall’Algeria non è ancora giunta una risposta ufficiale alla proposta del re, Bouchraya Hammoudi Bayoun (Fronte Polisario) si è detto pronto ad avviare negoziati diretti con Rabat, “sotto l’egida Onu”, ribadendo però che “l’unica soluzione che preservi la dignità di tutti, laddove non ci siano né vincitori né vinti, è la soluzione democratica conforme alla legittimità internazionale, che riconosce il diritto del popolo Sahrawi all’autodeterminazione e all’indipendenza e non riconosce le rivendicazioni di sovranità del Marocco sul Sahara Occidentale”.
Alle dichiarazioni di principio di parte statunitense, dovrebbero presto seguire investimenti Usa nella regione, per un valore di circa 5 miliardi di dollari, stando a quanto riportato dal sito Africa Intelligence, secondo cui la National security agency (Nsa) degli Stati Uniti avrebbe autorizzato la U.S. Development finance corporation (Dfc) a finanziare progetti di sviluppo, dopo dopo che la Dfc ha condotto missioni economiche e incontri con banche e aziende marocchine per individuare i progetti più promettenti. Investimenti che erano stati annunciati alla fine del primo mandato di Trump alla Casa Bianca, a favore di una crescita inclusiva della regione, e che poi erano stati di fatto congelati dall’amministrazione di Joe Biden.

Ma le aziende Usa potrebbero trovarsi nel mirino di organizzazioni non governative solidali con il popolo sahrawi, come accaduto alla piattaforma Airbnb, costretta dalle pressioni di Western Sahara Resource Watch a “rimuovere i riferimenti al ‘Marocco’ dagli annunci di alloggi situati nel Sahara Occidentale occupato”. In una nota l’ong ha precisato che “le città nel Sahara Occidentale, come la capitale El Aaiún, la città di pescatori di Dakhla e la città di Boujdour, non sono più elencate da Airbnb come appartenenti al Marocco”, dopo aver inviato, lo scorso giugno, una lettera all’azienda, avvisandola “dei gravi errori geografici” presenti nel suo database “rispetto alle mappe delle Nazioni Unite e alle sentenze dei tribunali internazionali riguardanti il Sahara Occidentale”. Un’iniziativa condannata ieri dal quotidiano Morocco News, secondo cui “l’organizzazione, che opera dalle capitali europee, non ha alcun titolo legittimo per dettare le modalità con cui le aziende internazionali devono etichettare il territorio marocchino”.



