Di Federico Pani – Centro studi AMIStaDeS
I dazi statunitensi hanno provocato reazioni contrastanti nel settore globale degli anacardi, in particolare in Africa, principale area produttrice mondiale. Secondo l’African Cashew Alliance, il continente contribuisce infatti a oltre il 50% della produzione globale. Come stanno reagendo gli operatori dei mercati locali alle scelte dell’amministrazione statunitense? E quali strategie hanno già messo in campo o potrebbero adottare i principali Paesi produttori per tutelare e rafforzare il comparto?
L’annuncio, lo scorso aprile, con cui il presidente statunitense Donald Trump ha introdotto nuovi dazi doganali per diversi Paesi, seguito da una sospensione di 90 giorni di tali tariffe, non ha lasciato indifferente neppure l’industria globale degli anacardi. Secondo l’ormai famosa lavagna mostrata dal Capo della Casa Bianca qualche tempo fa, la maggior parte dei Paesi dovrà far fronte a un’imposta base del 10% sulle esportazioni. Tra timori e incertezze, il clima si è ulteriormente appesantito quando, lo scorso agosto, l’amministrazione statunitense ha annunciato nuovi dazi del 15% sulle importazioni provenienti da diverse nazioni dell’Africa occidentale.
Il mercato degli anacardi che dipende dall’Asia per la lavorazione dei semi e dal continente africano per le materie prime, si è ritrovato in uno stato di stallo. I dazi imposti dall’amministrazione guidata da Trump hanno infatti suscitato molta preoccupazione nel settore. La Costa d’Avorio, leader africano nella produzione e esportazione di anacardi grezzi e principale produttore nel continente (rappresenta circa il 40% della produzione totale africana) risulta essere particolarmente colpita. Attualmente le sue esportazioni sono tassate al 15%, una misura che probabilmente andrà a incidere sulle spedizioni di anacardi.
L’impatto iniziale si è tradotto in un rallentamento delle attività da parte degli operatori coinvolti, che hanno voluto prendersi il tempo di osservare e valutare l’entità dell’impatto e il potenziale danno per il settore degli anacardi. Dall’annuncio della moratoria di 90 giorni, alcuni acquirenti statunitensi hanno accelerato le spedizioni per timore che i dazi più elevati diventassero permanenti. Le forniture hanno subito un rallentamento poiché i trasformatori, tra cui quelli vietnamiti, si sono dimostrati riluttanti ad acquistare in un periodo di incertezza.
Se le scorte dovessero accumularsi, la situazione diventerebbe complessa per i Paesi dell’Africa occidentale, che non sempre dispongono delle infrastrutture necessarie per immagazzinare e gestire gli anacardi grezzi nei loro territori di origine. Le sfide logistiche in questa parte del Continente, tra cui la carenza di infrastrutture e la congestione portuale, spesso causano ritardi. Questo può rappresentare un deterrente significativo per gli acquirenti abituati all’efficienza di regioni consolidate nella lavorazione dell’anacardio, come India e Vietnam.
Le imprese devono inoltre fare i conti con gli elevati costi di finanziamento delle attrezzature, con un’alimentazione elettrica spesso inaffidabile e con carenze nei sistemi di controllo qualità. Gli acquirenti richiedono una qualità costante dei semi di anacardi, rappresentando una sfida legata alla variabilità delle capacità di lavorazione nei diversi paesi dell’Africa occidentale. La mancanza di procedure di lavorazione standardizzate porta spesso a incoerenze nel prodotto finale, rendendo difficile per gli acquirenti fare affidamento su una fornitura costante dalla regione.

La situazione è tutt’altro che favorevole anche per i contadini, che spesso guadagnano compensi irrisori, mentre la maggior parte dei raccolti viene esportata in forma grezza, non lavorata. “L’importante non è aumentare la produzione, ma utilizzare la produzione per creare posti di lavoro, e i posti di lavoro possono essere creati solo attraverso la lavorazione industriale di questi prodotti”, ha affermato Honoré Justin, Esperto di Business Intelligence. I giovani e le donne nel settore degli anacardi devono ancora affrontare sfide sistemiche, tra cui un accesso limitato alle risorse, un potere decisionale limitato e minori opportunità di reddito.
Anche in risposta ai dazi statunitensi, alcune aziende hanno deciso di rilocalizzare la loro produzione. È il caso di Usibras, la più grande impresa ghanese di lavorazione degli anacardi, che prevede di lasciare il Paese per trasferirsi in Costa d’Avorio. Presente in Ghana dal 2015 con il suo stabilimento situato a Tema, Usibras ha spiegato che l’intenzione di trasferire le sue attività nasce da gravi difficoltà operative che ne minacciano la sopravvivenza. L’azienda brasiliana cita quattro fattori principali: la mancanza di materie prime, l’elevato costo delle utenze, le tariffe di esportazione sfavorevoli e la difficoltà di mantenere un’attività continuativa. A peggiorare la situazione si aggiunge l’aumento dei costi energetici e operativi, nonché dalla tariffa imposta sulle esportazioni verso gli Stati Uniti, il suo mercato principale. Secondo la direzione aziendale, la combinazione di materie prime limitate e dazi doganali elevati sta rendendo la lavorazione in Ghana sempre più difficile. Per impedire al gruppo brasiliano di trasferirsi dal Ghana alla Costa d’Avorio, molti cittadini e operatori del settore chiedono al governo del presidente John Dramani Mahama di introdurre politiche fiscali più favorevoli, simili a quelle ivoriane, per proteggere i trasformatori locali e rendere nuovamente competitivo il settore ghanese degli anacardi.
In ottica futura,l’Area di Libero Scambio Interafricana(AfcFTA) potrebbe rappresentare uno strumento chiave per stimolare il commercio intra-africano e ridurre la dipendenza dai mercati esterni. Tuttavia, l’esperienza finora maturata nella Comunità dell’Africa orientale (EAC) mostra quanto la strada sia ancora lunga: sebbene una zona di libero scambio esista sulla carta, nella pratica le regole restano facilmente aggirabili e la corruzione continua a ostacolare un’integrazione economica efficace.

“AfcFTA è oggi più importante che mai!”, dichiara Honoré Mondomobé, docente presso l’Università di Douala, oltre a essere ancora lontana dall’idea di un mercato sostitutivo per i prodotti africani eccessivamente tassati dagli Stati Uniti. Per Benjamin Allahamné Minda, ricercatore di diritto internazionale presso l’Università di Lione 3, la disponibilità dei prodotti è spesso subordinata alla capacità dei paesi di specializzarsi in catene del valore utili ad altri Paesi africani.
Investire in “oro grigio” africano può offrire un immenso potenziale per migliorare le condizioni di vita di donne e giovani in tutto il continente. La sfida per il continente sarà ora quella di sostenere il settore della trasformazione e creare maggiore ricchezza, specie per giovani e le donne nel settore degli anacardi che devono ancora affrontare sfide sistemiche, rafforzando ulteriormente la collaborazione e la consultazione con le parti interessate e garantendo una comunicazione continua tra le parti.
Affrontare queste sfide richiede uno sforzo concertato da parte di governi, organizzazioni per lo sviluppo e settore privato per fornire il supporto e le risorse necessarie per consentire a questi gruppi di avere successo nel settore. È necessario avviare interventi mirati che consentano a donne e giovani di promuovere una filiera degli anacardi più resiliente e sostenibile; sviluppare strategie per mitigare l’impatto del cambiamento climatico; migliorare le infrastrutture come strade, elettricità e approvvigionamento idrico per sostenere l’industria dell’anacardio; promuovere il consumo di prodotti a base di anacardi in Africa occidentale e in altre regioni per aumentare la domanda e creare nuovi mercati; incoraggiare la lavorazione locale degli anacardi per aggiungere valore al prodotto e creare più posti di lavoro nella regione.
L’imminente “Conferenza ed Expo Annuale dell’African Cashew Alliance (ACA) sugli Anacardi”, che si terrà dal 18 al 21 novembre prossimo nella città di Dar es Salaam, nella Repubblica Unita di Tanzania, darà l’occasione per fornire ai 600 partecipanti provenienti da circa 33 paesi, l’occasione per un confronto sulle opportunità di investimento negli anacardi per una crescita economica sostenibile. Rispondere alle preoccupazioni sia degli acquirenti che dei venditori diventerà essenziale per garantire una crescita sostenibile.


