di Andrea Spinelli Barrile
Il generale Michael Langley, capo di Africom, annuncia un cambio di passo nella strategia USA: meno interventismo diretto e più responsabilizzazione degli alleati africani. Con Washington sempre più concentrata sulla sicurezza interna, si apre lo spazio per nuovi attori globali — da Cina e Russia ai Paesi del Golfo — pronti a rafforzare la propria influenza nel continente attraverso la cooperazione militare.
L’Africa, in materia di sicurezza, dovrà imparare presto a cavarsela da sola. O, in alternativa, a trovare nuovi partner, che sono in realtà già pronti a sostenerla.
È questa la sintesi dell’intervista al generale americano Michael Langley, a capo di Africom, all’Associated Press (Ap). La scorsa settimana Africom ha concluso l’African lion, la più grande esercitazione congiunta nel continente, e questo cambiamento è stato chiaro: “Dobbiamo essere in grado di portare i nostri partner al livello di operazioni indipendenti” ha detto Langley.
Non è una novità che l’esercito statunitense stia abbandonando il suo consueto discorso sulla buona governance e sulla lotta alle cause profonde delle insurrezioni per concentrarsi sul messaggio che i suoi alleati in Africa debbano essere pronti a cavarsela da soli. Secondo Langley “è necessario che ci sia una certa condivisione degli oneri”.
I messaggi sull’interconnessione tra difesa, diplomazia e sviluppo un tempo costituivano il cuore della strategia di sicurezza di Washington in Africa: ora, al loro posto, gli Stati Uniti premono affinché i loro alleati sviluppino interamente le capacità per gestire la propria sicurezza, un fatto che Langley ha definito “una priorità” per il Dipartimento della difesa del presidente Donald Trump, deciso a concentrarsi totalmente sulla sicurezza interna degli Usa: “Abbiamo le nostre priorità ora: proteggere la patria. E stiamo anche cercando altri Paesi che contribuiscano ad alcune di queste aree di instabilità globale” ha detto Langley rispondendo ad una domanda specifica sull’impegno americano in Sudan. Secondo Langley, ora gli Usa devono “costruire una forza più snella e letale”, anche potenzialmente riducendo le posizioni di comando militare in territori del mondo come l’Africa, dove tuttavia la concorrenza è agguerrita e dove attori come la Cina, la Russia, i Paesi del Golfo e la Turchia stanno aumentando esponenzialmente la loro influenza utilizzando come ponte proprio il settore della sicurezza.

Di recente, la Cina ha lanciato un proprio ampio programma di addestramento per le forze armate africane mentre i mercenari russi prima, e Africa corp oggi, consolidando il loro ruolo russo di partner di sicurezza di riferimento in tutta l’Africa settentrionale, occidentale e centrale.
“Ho sempre sostenuto che l’Africom non sia solo un’organizzazione militare”, ha detto Langley un anno fa ma è anche vero che l’Africa raramente si è classificata in cima alla lista delle priorità del Pentagono. Nonostante ciò, gli Stati Uniti hanno comunque speso centinaia di milioni di dollari in assistenza alla sicurezza e hanno circa 6.500 membri del Comando Africa nel continente: in alcune regioni, gli Stati Uniti si trovano ad affrontare la concorrenza diretta di Russia e Cina mentre in altre,le affiliazioni regionali di al-Qaeda e dello Stato Islamico richiedono ancora un’azione militare diretta secondo Langley.
Parti dell’Africa orientale e occidentale sono emerse come epicentri di violenza e, nel 2024, più della metà delle vittime di terrorismo nel mondo sono state uccise nel Sahel. La Somalia, dal canto suo, ha registrato il 6% di tutte le morti legate al terrorismo, cosa che lo rende il Paese con il più alto tasso di mortalità per terrorismo in Africa al di fuori del Sahel: da quando Trump è entrato in carica, l’esercito statunitense ha aumentato e intensificato gli attacchi aerei in Somalia, prendendo di mira gruppi dello Stato islamico e di al-Shabaab ma, ha detto Langley, nonostante il supporto aereo, l’esercito somalo è ancora ben lungi dall’essere in grado di mantenere la sicurezza sul territorio.