di Enrico Casale
In attesa del discorso che il re Mohammed VI pronuncerà oggi per l’apertura della sessione parlamentare, la situazione in Marocco rimane tesa. Il Paese è scosso dalle proteste del movimento “GenZ 212”, un collettivo giovanile nato online che da due settimane mobilita migliaia di persone in tutto il Paese e mette sotto pressione il governo di Aziz Akhannouch.
Negli ultimi giorni si sono svolte manifestazioni pacifiche nelle città marocchine di Casablanca, Rabat, Marrakech, Agadir e Oujda, con slogan come “L’État pour le peuple, pas pour les riches”. Le autorità hanno mantenuto finora un atteggiamento prudente, limitandosi a pochi fermi, mentre cresce l’attesa per le parole del sovrano, considerate decisive per la tenuta sociale del Paese.
Parallelamente, una lettera aperta indirizzata al re e firmata da circa sessanta intellettuali, artisti e attivisti marocchini chiede un intervento diretto del monarca per rispondere alla crisi. I firmatari sollecitano una reazione “profonda e responsabile” alle rivendicazioni popolari, denunciando che la risposta delle autorità finora è stata “repressiva e cieca” di fronte a richieste legittime di dignità e giustizia sociale.
La lettera chiede, in particolare, la liberazione immediata di tutti i detenuti legati al movimento GenZ 212 e di ogni prigioniero politico o d’opinione; le condoglianze ufficiali alle famiglie delle vittime e inchieste trasparenti per accertare le responsabilità; una riforma costituzionale che rafforzi le libertà, la separazione dei poteri e la sovranità popolare; l’avvio di un dialogo nazionale rappresentativo per ridefinire le priorità economiche e sociali, dirottando le risorse verso sanità, istruzione e welfare.

I firmatari sostengono inoltre che la richiesta di scioglimento del governo Akhannouch, avanzata dal movimento, debba essere valutata e, se necessario, attuata “con mezzi costituzionali adeguati”. “L’ora è grave — si legge nel testo — e il Paese non può permettersi di restare immobile davanti a un’ondata di sofferenza e disperazione.”
La mobilitazione è esplosa dopo la morte di otto donne in un ospedale pubblico di Agadir, rimaste senza assistenza durante un parto cesareo. L’episodio, divenuto virale, ha scatenato un’ondata di indignazione che, attraverso i social network, si è trasformata in un movimento spontaneo e orizzontale contro la cattiva gestione dei servizi pubblici, la disoccupazione e la corruzione.
Attivi su piattaforme come TikTok, Telegram e Discord, i giovani di GenZ 212 denunciano le disuguaglianze sociali e accusano il governo di destinare risorse eccessive ai grandi progetti infrastrutturali e agli investimenti legati alla Coppa del Mondo 2030, trascurando sanità e istruzione. Il movimento, privo di leader riconosciuti, si definisce “apolitico ma civico”, ma i suoi messaggi si rivolgono sempre più esplicitamente contro il primo ministro e il suo partito, il Rassemblement National des Indépendants (Rni).
Con oltre il 45% della popolazione sotto i 25 anni, il Marocco si trova davanti a una sfida cruciale: trasformare la frustrazione digitale di una generazione connessa in un dialogo politico reale o rischiare che la protesta si trasformi in una frattura profonda tra giovani e istituzioni. L’intervento del re, atteso per domani, sarà il banco di prova della capacità dello Stato di ascoltare una generazione che chiede — con forza e senza intermediari — un nuovo patto sociale.


