La situazione nel Sahel continua a peggiorare, tra tensioni militari, crisi dei carburanti e attacchi terroristici sempre più frequenti.
Da ieri circola un documento dello Stato maggiore dell’esercito del Burkina Faso che lascia intendere una certa tensione tra le Forze armate burkinabé e i loro colleghi maliani. Secondo il documento, classificato come confidenziale e riferente un messaggio radio dello Stato maggiore destinato alle “truppe aeree e terrestri”, alle quali è imposto un “divieto assoluto di incontro” con i loro colleghi nigerini e maliani impegnati in servizi di scorta ai convogli di carburanti che dal Niger sono diretti a Bamako.
Il messaggio è firmato dal generale di brigata Moussa Diallo, capo di stato maggiore burkinabé, e datato 7 novembre. Lo Stato maggiore burkinabé non ha commentato, confermato o smentito il messaggio né il suo contenuto. Anzi, secondo diverse altre fonti, il leader militare del Burkina Faso Ibrahim Traoré avrebbe espresso e mostrato la sua insoddisfazione per la decisione del presidente maliano Assimi Goita di negoziare con gruppi terroristici armati e consentire il pagamento di riscatti.
Il divieto, chiesto “con insistenza” si legge nel messaggio, è imposto sia ai militari che ai Volontari per la difesa della patria (Vdp), che “non dovranno in alcun caso partecipare o accompagnare convogli di veicoli (autocisterne) provenienti dal Niger”, ai quali viene chiesto di “mantenere la concentrazione esclusivamente sulla loro missione prioritaria di riconquista del territorio nazionale e di non distrarsi con attività che potrebbero compromettere le operazioni” come, appunto, la scorta alle autocisterne. In Burkina Faso la situazione non è migliore che in Mali: il 6 novembre a Boko, non lontano dalla capitale Ouagadougou, il Gruppo di sostegno all’Islam e ai musulmani (Jnim) ha attaccato un villaggio e ucciso diversi militari ma la giunta militare burkinabé ormai non pubblica più il bollettino settimanale sulla situazione della sicurezza e, formalmente, il Paese è tenuto all’oscuro di quanto succede al fronte.
Nel finesettimana, il Jnim ha condotto un ennesimo attacco ad alcune società cinesi a circa 10 chilometri a Bamako, nelle aree di Montougoula e Baguinida, dando alle fiamme diversi camion ed attrezzature pesanti, riprendendo tutto e postando sui social, proprio per mostrare la poca distanza che li divide dal cuore della capitale maliana. Il 7 novembre, un’altra imboscata tra Zegoua e Sikasso ha portato alla distruzione di circa 20 autocisterne.

La crisi dei carburanti che il blocco jihadista ha imposto sul Mali, dove non si riesce a garantire l’energia elettrica per più di 4 ore al giorno anche nella capitale Bamako dopo quasi due mesi di blocco, ha portato la scorsa settimana la giunta nigerina, in un moto di solidarietà, a annunciare l’invio di autocisterne di carburante nel vicino Mali. Sul finire della scorsa settimana, la società logistica Cma-Cgm ha annunciato la sospensione del trasporto merci verso il Mali dai porti di Abidjan, Dakar, Tema e Conakry, “temporaneamente sospeso” proprio per ragioni di sicurezza, e lo stesso ha comunicato anche Msc. Una crisi che secondo il governo maliano è rientrata, dopo la convocazione delle due compagnie di logistica da parte del governo maliano l’8 novembre, ma di fatto le autocisterne continuano a non partire dai porti dirette verso il Mali.
Il territorio del Mali è in uno stato di avanzata decadenza, alle prese con una guerra ibrida e asimmetrica che né i francesi prima né i russi oggi sono stati in grado di contrastare. Russi che, negli ultimi giorni, almeno a livello di comunicazione sembrano volersi sfilare dal contesto maliano: il 4 novembre Elena Souponina, consigliere politico del Centro di studi internazionali di Mosca, ha dichiarato ad al-Arabiya che “l’obiettivo primario della Russia non è difendere i golpisti in Mali e nel Sahel. Il suo approccio alla lotta contro il terrorismo si basa sull’invio di carburante, grano e addestramento delle forze. La Russia non può assumersi la difesa dei governi. Ci sono ufficiali russi che hanno partecipato ai combattimenti in Mali e ci sono morti: la Russia non può assumersi la responsabilità di garantire la sicurezza degli stati stranieri”.
Non è tuttavia una posizione condivisa dagli analisti russi: secondo Nicolai Piotr Melnikov, politologo e giornalista investigativo, la Russia ha fornito al Mali cooperazione nella sicurezza di alto profilo, come la sorveglianza satellitare per monitorare i movimenti terroristici, ed attualmente la Russia è “l’unica forza straniera presente sul territorio”. Tuttavia, secondo le Nazioni unite, l’area controllata da gruppi terroristici o separatisti, come i Touareg nel nord, è più che raddoppiata in Mali nell’anno successivo all’arrivo dei russi nel paese (il 2022 con il gruppo Wagner).


