Libia, Haftar muove le sue truppe verso Tripoli

di claudia
Saddam Haftar

Le truppe del feldmaresciallo Khalifa Haftar, guidate da suo figlio Saddam, hanno ripreso a marciare verso Tripoli dopo una decina di giorni di stallo nei pressi di Ash-Shuwayrif, a 400 chilometri a sud della capitale. Lo riferiscono fonti libiche, tra cui il portale al-Mashhadi.

La nuova offensiva si inserisce in un contesto di crescente instabilità interna. Da oltre due settimane, Tripoli è teatro di operazioni del governo per smantellare alcune delle milizie che da anni controllano porzioni del territorio urbano e snodi economici cruciali. Un’azione che, nei fatti, sta offrendo ad Haftar l’opportunità di erodere il potere delle forze rivali e avanzare verso la capitale, puntando a un controllo totale del Paese.

Dietro le quinte, la Turchia osserva con pragmatismo. Se ufficialmente continua a sostenere il premier tripolitano Abdul Hamid Dbeibah — offrendo persino rifugio in caso di sue dimissioni e fuga — Ankara non sembra ostacolare i piani del generale di Bengasi. Al contrario: secondo fonti locali, tra 1.500 e 2.000 uomini delle forze di Haftar sarebbero attualmente addestrati da istruttori turchi. Inoltre, la Turchia avrebbe autorizzato la vendita di droni armati all’esercito orientale, da impiegare contro le milizie ancora fedeli a Tripoli. Una collaborazione ambivalente, che il presidente Recep Tayyip Erdoğan potrebbe capitalizzare politicamente ed economicamente a breve termine.

Anche la Russia gioca un ruolo sempre più visibile. Cinque giorni fa, il vice ministro della Difesa di Mosca, Yunus-Bek Yevkurov, è sbarcato in Libia. Due giorni dopo, ha visitato la nuova cittadella militare di Haftar, accompagnato dallo stesso feldmaresciallo e dal presidente del Parlamento, Aguila Saleh. Durante la visita, Haftar ha evidenziato il valore strategico del complesso, definendolo un modello avanzato di infrastruttura militare moderna destinata a potenziare le capacità dell’esercito nazionale libico.

Intanto, nella notte del 29 maggio, sono tornate le proteste nella capitale. I manifestanti chiedono le dimissioni di Dbeibah, sempre più isolato e delegittimato. È una crepa nel fragile equilibrio istituzionale su cui Haftar sembra deciso a fare leva, rafforzato da appoggi esterni, mezzi militari e da un contesto politico che evolve rapidamente a suo favore.

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