di Andrea Spinelli Barrile
Dopo l’arresto di cittadini keniani in Ucraina e la richiesta di William Ruto a Zelensky di liberarli, emergono dettagli sul presunto reclutamento illegale di giovani keniani per combattere nella guerra tra Russia e Ucraina.
Il presidente keniano William Ruto ha avuto una telefonata con il suo omologo ucraino, Volodymyr Zelenskyy, con il quale ha parlato di “questioni di interesse comune” tra i due Paesi. Lo si apprende da una dichiarazione della State House, in cui si precisa che la conversazione tra i due si è incentrata sul presunto reclutamento illegale di giovani keniani per combattere nella guerra tra Russia e Ucraina.
Durante la telefonata, Ruto ha chiesto a Zelensky di agevolare il rilascio di qualsiasi cittadino keniano attualmente sotto la custodia delle autorità ucraine. “Ho chiesto al presidente Zelensky di facilitare il rilascio di qualsiasi cittadino keniano detenuto in Ucraina” ha detto Ruto in una dichiarazione ufficiale, in cui si dice che Zelensky avrebbe accettato la richiesta: “Sono grato a sua eccellenza per aver accolto il mio appello”.
Ci sono infatti preoccupazioni circa la detenzione di cittadini keniani in Ucraina in qualità di prigionieri di guerra, in seguito al loro arresto da parte delle autorità ucraine per la loro partecipazione al conflitto: tra loro c’è Evans Kibet, arrestato dall’esercito ucraino mentre combatteva per la Russia lungo il confine tra Russia e Ucraina. In un video condiviso a settembre di quest’anno, Kibet, 44 anni, ha detto di essere stato ingannato e di essersi arruolato nell’esercito russo dopo essersi recato nel Paese come atleta: “Sono finito in Russia senza sapere di essere stato arruolato nell’esercito russo. Non avevo mai prestato servizio prima. Non sono andato in Russia per quello”.
La storia di Kiber tuttavia non è isolata. I primi di ottobre, poco dopo l’insediamento del nuovo ambasciatore ucraino in Kenya, Yurii Tokar, era stata diffusa la notizia dell’arresto di quattro cittadini keniani lungo le prime linee del conflitto russo-ucraino, presumibilmente introdotti clandestinamente in Russia con il pretesto di essere impiegati. Secondo Nairobi infatti, i keniani coinvolti nel conflitto lo sarebbero loro malgrado, attirati in Russia con proposte di lavoro o di studio e arruolate forzatamente per essere spedite al fronte, e per questo offre loro assistenza consolare e il rimpatrio, per i quali è necessario tuttavia coordinarsi con il governo ucraino, visto il contesto bellico in Europa. Già quattro keniani reclutati nell’esercito russo sono stati rimpatriati, tra settembre e ottobre, e si sono moltiplicati gli appelli delle autorità keniane ai cittadini, ai quali è stato suggerito di esercitare la dovuta diligenza quando hanno a che fare con agenzie di collocamento che promettono posti di lavoro all’estero.

Il 25 settembre, un cittadino russo è stato arrestato dalla Direzione delle indagini criminali (Dci) el Kenya con l’accusa di aver lavorato per il governo russo per reclutare keniani da mandare a combattere in guerra: il suo arresto è avvenuto dopo il salvataggio di 22 cittadini keniani da un appartamento ad Athi River, dove erano in attesa di partire per la Russia al seguito di questo individuo. Secondo la polizia keniana, a questi cittadini keniani sarebbero state promesse opportunità di lavoro in Russia, ma in realtà il loro destino sarebbe stato quello di essere mandati a combattere in Ucraina: le vittime hanno detto ai media keniani di aver firmato contratti con un’agenzia di collocamento anonima, impegnandosi a pagare fino a 18.000 dollari per coprire le spese di viaggio, di visto e di alloggio in Russia. L’ambasciata russa a Nairobi ha negato ogni coinvolgimento e smentito le notizie secondo cui il cittadino russo arrestato, che ha lasciato il Paese volontariamente il 26 settembre, fosse un dipendente del governo.
Il fenomeno delle persone attirate sul fronte ucraino con offerte di lavoro fittizie per finire a fare la carne da cannone non riguarda soltanto i cittadini keniani. Proprio giovedì l’ufficio del presidente sudafricano, Cyril Ramaphosa, ha rilasciato una dichiarazione ufficiale in cui si da notizia di 17 uomini, di età compresa tra 20 e 39 anni, che erano stati “attirati a unirsi alle forze mercenarie coinvolte nella guerra tra Ucraina e Russia con il pretesto di lucrosi contratti di lavoro” e che ora chiedevano assistenza al governo sudafricano per tornare a casa. Non è stato chiarito su quale lato del fronte combattessero questi uomini, anche perché entrambe le parti hanno arruolato combattenti stranieri (l’esercito ucraino ha anche la Brigata internazionale e qualche settimana fa ha annunciato l’arruolamento di 2.000 professionisti colombiani, come colombiani sono i mercenari accusati in Sudan di dare sostegno, con gli ucraini, alle Rapid support forces) anche se la Russia lo ha fatto su scala molto più ampia, spesso ricorrendo alla coercizione e all’inganno.

Insomma, in guerra la verità è che il più pulito ha molte vergogne da nascondere. Le storie sono numerosissime, in quasi tre anni di conflitto russo-ucraino: la storia di Richard Kanu, sierraleonese che per 10 anni ha prestato servizio nell’esercito del Paese africano e che a San Pietroburgo fece domanda di lavoro firmando alcuni documenti in russo, trovandosi con la mimetica addosso a Rostov sul Don, poco fuori dall’Ucraina, base da cui è stato poi spedito proprio sul fronte, a Donestk. Secondo il ministero degli Interni russo, dall’inizio del 2024 un totale di 3.344 cittadini stranieri sono andati a combattere in Ucraina per conto di Mosca, ragione per cui hanno ricevuto la cittadinanza russa, mentre secondo The Insider, un organo di stampa indipendente incentrato sulla Russia, stima che circa 2.000 cittadini provenienti da oltre 50 paesi abbiano combattuto nella regione del Donbass, di cui il 75% con la Russia.
C’è la storia del somalo Adil Muhammad, che ha dichiarato di essere stato ingannato e indotto ad arruolarsi nell’esercito in Russia quando, da migrante, ha accettato un’offerta di lavoro come guardia giurata. Pensava di dover sorvegliare banche e supermercati ma anche lui è stato mandato a Donetsk, sul fronte, dove è stato catturato dagli ucraini nel giro di quattro giorni. Muhammad ha raccontato di aver conosciuto altri stranieri, africani, tra le fila russe con storie simili alla sua: persone provenienti da Ghana, Egitto, Nigeria e Marocco. Una tv ghanese, un anno fa circa, ha trasmesso la testimonianza di un gruppo di 14 cittadini ghanesi che sostenevano di essere stati ingannati da un loro connazionale, un ex calciatore, per arruolarsi nell’esercito russo. Arrivati in Russia con l’intenzione di svolgere lavori di sicurezza, si sono visti invece confiscare i passaporti e sono stati costretti a firmare contratti scritti in russo. Una storia ripresa da Jeune Afrique a ottobre dell’anno scorso racconta la vicenda di un centrafricano riuscito a fuggire in Lettonia, che ha detto di essere stato reclutato a Bangui dai mercenari Wagner mentre era sotto custodia della polizia. Un paramilitare avrebbe “comprato” il suo rilascio per diverse centinaia di migliaia di franchi in cambio della firma di un contratto con una “società di sicurezza”: fu spedito, assieme ad altri ex-detenuti centrafricani, in Russia con altri 400 africani subsahariani.

Non solo dall’Africa arrivano combattenti arruolati con l’inganno: l’India ha ottenuto il rimpatrio di 45 dei suoi cittadini vittime di una truffa simile, dopo aver denunciato pubblicamente questo tipo di reclutamento. Secondo il Kyiv Independent, la Russia ha arruolato persone provenienti da Nepal, India, Cuba, Somalia, Ruanda, Burundi, Congo e Uganda, ma anche Kenya e altri Paesi: nel migliore dei casi vengono attirati con promesse di lavoro attirati da un pagamento iniziale di 2.000 dollari per la firma di un contratto, con la promessa di un’indennità mensile di 2.200 dollari, assicurazione sanitaria e passaporti russi per loro e le loro famiglie.


