La Corte d’Appello di Rabat ha confermato la condanna a due anni e mezzo di carcere dell’attivista femminista Ibtissame Lachgar, condannata per “attentato all’islam”. Arrestata quest’estate per aver condiviso una sua foto con una maglietta con uno slogan ritenuto blasfemo, Lachgar dovrà anche pagare una multa di 50.000 dirham (4.700 euro), sanzione confermata in appello. In remissione dal cancro, l’attivista è apparsa indebolita in tribunale.
Durante l’udienza, la difesa ha chiesto l’assoluzione di Lachgar o, in mancanza, una pena alternativa come l’uso di un braccialetto elettronico o il lavoro socialmente utile per ricevere assistenza medica. Ghizlane Mamouni, legale di Betty Lachgar, ha dichiarato all’Afp che la difesa chiederà una riduzione della pena e presenterà ricorso, definendo questa decisione un “giorno buio per la libertà” in Marocco. Ha ricordato che “non ha commesso alcun crimine pericoloso e non rappresenta una minaccia per la società. Ha semplicemente espresso la sua opinione”.
Human Rights Watch aveva già chiesto alle autorità di annullare la condanna, definendola un duro colpo alla libertà di espressione. Anche l’Associazione Marocchina per i Diritti Umani (Amdh) ha denunciato il verdetto come un caso “politico” e un “attacco alla libertà di espressione” dopo la sentenza di primo grado.
‘attivista cinquantenne, nota per il suo impegno a favore delle libertà individuali, è stata perseguita per aver pubblicato sui social media a fine luglio una foto in cui indossava una maglietta con la scritta “Allah” (“Dio”) seguita dalla frase “è lesbica”, che i tribunali marocchini hanno ritenuto “offensiva verso Dio”.


