Donne in fuga dalla città sudanese di El Fasher hanno denunciato uccisioni, stupri sistematici e la scomparsa dei loro figli dopo la conquista dell’area da parte delle Forze di supporto rapido (Rsf), secondo quanto riferito da Onu Donne (Un Women).
L’entrata a El Fasher, avvenuta il 26 ottobre, ha consolidato il controllo delle Rsf sulla regione del Darfur dopo oltre due anni e mezzo di guerra contro l’esercito regolare sudanese. Testimonianze raccolte tra i profughi descrivono civili colpiti per strada e attacchi condotti con droni.
“La violenza sessuale è diffusa, con prove crescenti che lo stupro venga usato in modo deliberato e sistematico come arma di guerra”, ha dichiarato Anna Mutavati, direttrice regionale di Onu Donne per l’Africa orientale e australe, intervenendo in videocollegamento da Nairobi durante un briefing a Ginevra di cui riferisce Reuters. “I corpi delle donne diventano scene del crimine in Sudan. Non esistono più luoghi sicuri dove riunirsi, proteggersi o accedere ai servizi psicosociali di base”, ha aggiunto.
Secondo Onu Donne, circa 11 milioni di donne e ragazze nel Darfur soffrono di grave insicurezza alimentare a causa della carestia e sono esposte a ulteriori rischi di violenza sessuale durante la ricerca di cibo. I rapporti dal terreno descrivono donne costrette a raccogliere foglie e bacche selvatiche per cucinare zuppe, subendo aggressioni e rapimenti.
La carestia è stata dichiarata questo mese anche ad El Fasher e a Kadugli, altra città assediata nel sud del Sudan, da parte del Global Ioc Food Security Monitor.
L’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani ha espresso venerdì “profonda preoccupazione” per le esecuzioni sommarie, gli stupri e le violenze etniche che continuano nella zona. Secondo le Nazioni Unite, circa 82.000 persone sono fuggite da Al Fasher e dalle aree circostanti dal 26 ottobre, mentre fino a 200.000 civili sarebbero ancora intrappolati in città.


