La Confederazione degli stati del Sahel (Aes), composta da Burkina Faso, Mali e Niger, ha annunciato ieri il suo ritiro immediato dallo Statuto di Roma che istituisce la Corte penale internazionale (Cpi). L’annuncio è stato dato al telegiornale di Radiodiffusion television du Burkina (Rtb) da Pingdwendé Gilbert Ouédraogo, ministro della Comunicazione, della cultura, delle arti e del turismo del Burkina Faso, sulla base di una dichiarazione congiunta firmata a Bamako dal presidente della transizione maliana e attuale presidente della Confederazione Aes, il generale Assimi Goita.
I tre Paesi sottolineano di aver ratificato lo Statuto di Roma (nel 2004 il Burkina Faso, nel 2000 il Mali e nel 2002 il Niger) e, da allora, di aver sempre collaborato con la Cpi; Tuttavia, ora sostengono che la Corte internazionale sia diventata “uno strumento di repressione neocoloniale al servizio dell’imperialismo”, incapace di giudicare crimini di guerra comprovati, crimini contro l’umanità, crimini di genocidio e crimini di aggressione, mentre prende di mira senza sosta alcuni attori esclusi dalla “cerchia ristretta dei beneficiari dell’impunità internazionale”. Di fronte a questa constatazione, i governi dell’Aes hanno deciso di ritirarsi con effetto immediato, per “affermare pienamente la propria sovranità” e ricorrere a meccanismi endogeni per il consolidamento della pace e della giustizia, garantendo al contempo la promozione e la protezione dei diritti umani secondo i propri valori sociali.
I Paesi Aes sostengono di essere disponibili a cooperare in altri contesti internazionali appropriati, in particolare nell’ambito delle Nazioni unite, per la difesa dei diritti umani e il rispetto della sovranità degli Stati


