Nel campo profughi di Kakuma, nel nord del Kenya — uno dei più grandi dell’Africa, con oltre 300.000 rifugiati — i tagli ai finanziamenti internazionali hanno dimezzato le razioni alimentari e ridotto le attività educative e ricreative per i bambini.
Nella scarsità di risorse, i bambini rifugiati hanno trovato conforto nella danza, che diventa uno strumento di distrazione dalla fame e un modo per non perdere le proprie radici. In particolare le danze tradizionali Acholi e nuove forme di espressione moderna come le danze “robotiche” si stanno rivelando un pilastro di forza e identità. Lo riporta l’Associated Press.
Originarie del nord dell’Uganda e del Sud Sudan, le danze Acholi sono tra le espressioni più antiche e simboliche dell’Africa orientale. Tradizionalmente accompagnate da tamburi, canti e calebasse, queste danze collettive raccontano storie di guerra, di corteggiamento, di festa e di comunità. Ogni movimento ha un significato: celebra la vita, la forza, o il ritorno alla pace dopo il conflitto. Queste danze assumono un profondo significato simbolico in un contesto fragile e precario come un campo profughi, perché è un modo di mantenere vive le tradizioni e, soprattutto per i bambini, di mantenere un legame con le proprie origini.. Un momento di orgoglio collettivo e ancoraggio identitario.
Questi giovani danzatori resilienti si esibiranno alla prossima Giornata Mondiale del Rifugiato, portando sul palco tutto il loro talento e resilienza.
Le attività culturali e ricreative gestite da organizzazioni umanitarie sono fondamentali per proteggerli da problemi come abusi, lavoro minorile e criminalità. Tuttavia, a causa della mancanza di fondi, rischiano di chiudere.
(immagine simbolica di repertorio)


